La Lega sceglie l’intransigenza: se cediamo alla Quercia frana la Cdl

L’ex ministro Calderoli: «Ho parlato con Bossi e con Maroni. Siamo tutti d’accordo nell’opporci alla candidatura di Napolitano»

Antonio Signorini

da Roma

«Non c’è accordo nella Casa delle libertà». I tentativi di trovare una soluzione unitaria dentro il centrodestra si sono scontrati con il «no» della Lega Nord. Ed è stata proprio la fermezza di Roberto Calderoli durante l’ultimo incontro di ieri sera nella sede del governo a far slittare quella che fino all’ora di cena sembrava la soluzione più probabile: l’elezione di Giorgio Napolitano già oggi alla seconda votazione. «Ci riaggiorniamo domani (oggi, ndr)», ha chiarito l’ex ministro alle Riforme all’uscita di Palazzo Chigi. «Ho parlato con Maroni e anche con Bossi, e ho avuto conforto sulla mia posizione». Rilancia Roberto Castelli: Napolitano? «Per noi è fantascienza».
Nel pomeriggio era stato il capogruppo alla Camera Maroni a dare voce alla posizione del partito: serve un candidato del centrodestra, se no «la Casa delle libertà non c’è più». Al primo scrutinio i grandi elettori della Lega hanno votato per Gianni Letta, tranne i capigruppo che hanno dato la preferenza a Umberto Bossi. E ora la richiesta del partito del Nord è di continuare su questa linea. «Vorremo sapere da Berlusconi se la Cdl esiste ancora. L’impressione di molti parlamentari della Lega è che stia per franare», ha detto l’ex responsabile del Welfare prima del vertice serale.
La soluzione Napolitano, quindi, non cancella la principale preoccupazione della Lega, e cioè quella di non far salire al Quirinale un tecnico alla Giuliano Amato o Mario Monti. Napolitano è un politico, ma sull’esponente «migliorista» dei Ds pesa il ricordo di quando era ministro dell’Interno e il Carroccio subì la perquisizione nella sede di via Bellerio. Calderoli spiega il rifiuto di votare Napolitano negando che possa essere un presidente sopra le parti: «Proporre una persona che, eletta senatore a vita, ha deciso poi di iscriversi ai Ds, non mi sembra un buon punto di partenza». E anche Castelli chiarisce che il veto della Lega riguarda tutti i candidati, «comunisti o ex comunisti». Ma l’impressione è che al Carroccio non dispiaccia D’Alema proprio perché fortemente connotato sotto il profilo politico. Più del compagno di partito Napolitano. La persona giusta, quindi, per sgomberare il campo da sospetti di inciucio alla vigilia del referendum sulla devoluzione di giugno che vedrà i due poli schierati su fronti opposti. In vista di quella scadenza la soluzione ideale è insomma che la Casa delle libertà abbia una posizione comune e che questa sia diversa da quella dell’Unione. «La Lega mira strategicamente a rendere più compatta la Cdl in vista del referendum», ha spiegato l’ex guardasigilli Castelli.
E c’è chi pensa che il presidente Ds sia meglio anche nel caso si rendesse necessario il «piano b». Se, cioè il referendum non dovesse confermare la riforma federalista varata dal governo Berlusconi.


È sincera, insomma la simpatia per D’Alema che emerge dalle parole di Maroni: «Non esistono più i comunisti di una volta. Abbandonare un candidato come D’Alema mi è sembrato poco riconoscente nei confronti di una persona che nel bene e nel male ha fatto molto per la sinistra».

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