Dalla legge Bersani un favore alle banche

Laura Verlicchi

da Milano

Le banche preparano le contromisure al decreto Bersani e il governo fa la faccia feroce: «Non mancheranno nuovi interventi legislativi», annuncia il sottosegretario al ministero per lo Sviluppo economico, Paolo Giaretta, dopo che l'Abi (l’associazione di settore) in una lettera ai propri associati, ha fornito un elenco di possibili scappatoie per neutralizzare le nuove disposizioni che prevedono la cancellazione delle spese per la chiusura dei conti correnti e l'obbligo di variazione dei tassi di interesse passivi contestualmente a quelli attivi. «È solo un primo tentativo di analisi della normativa - si difende l’Abi - nessun tentativo di aggiramento», tanto più che la circolare «non ha carattere vincolante». «Se occorre, chiariremo», ribatte Giaretta. Le banche stanno comunque per recuperare dalla finestra quello che è uscito dalla porta. E sempre grazie al decreto Bersani, che vieta ai professionisti di incassare pagamenti in contanti al di sopra dei mille euro (per ora, poi diventeranno cento), stabilendo contemporaneamente l’obbligo di avere conti correnti dedicati alla clientela e alle spese dello studio. Facile immaginare la conseguenza: aumento delle aperture di conti e di operazioni bancarie in genere, con relativi vantaggi per gli istituti di credito.
Ad oggi, infatti, nel nostro Paese sono 1,8 milioni gli iscritti agli Albi, secondo le ultime stime del Censis. Ma, dicono le stesse banche, solo il 25% dei professionisti dispone di un conto corrente separato: gli altri - oltre un milione - dovranno aprirne uno.
Con quali costi? Secondo l’indagine svolta nel 2005 dalla Banca d’Italia, nel 54% dei casi il canone medio annuo di un conto corrente è pari a 66 euro, ma questo è solo l’inizio. Le operazioni eccedenti la franchigia (di solito, limitata a 70 scritture contabili annue) devono infatti essere pagate a parte: altri 100 euro l’anno. Solo nel 46% dei casi tutte le operazioni sono comprese, a fronte però di un canone che - al netto degli oneri fiscali e delle spese connesse con il rispetto della normativa sulla trasparenza - ammonta a circa 76 euro l’anno. Per entrambe le categorie di conti correnti, infine, vanno aggiunte le commissioni per specifici servizi, tra cui bonifici, prelievi presso Bancomat di altri istituti e addebiti preautorizzati: altri 38 euro all’anno, in media. Un aggravio di spesa che, presumibilmente, i professionisti scaricheranno sui clienti. Tra i quali, oltretutto, molti saranno costretti ad aprire, a loro volta, un conto corrente per pagare in modo «tracciabile», come prevede la legge, il commercialista o il dentista di fiducia.


Unica consolazione, la possibilità di chiuderlo gratis: a meno che la propria banca non metta in pratica i consigli contenuti nella circolare dell’Abi, dove si dice, fra l’altro, che per spese di chiusura «si ritiene possano intendersi quelle strettamente inerenti alle attività di chiusura del rapporto (conteggi contabili e messa a disposizione delle somme a saldo) e non quelle generate da ulteriori servizi richiesti a valle dal rapporto medesimo (ad esempio spese sostenute dalla banca in presenza di trasferimento dei titoli o dossier titoli), che quindi andranno pagate. Preoccupato il tesoriere nazionale del Movimento consumatori, Alessandro Miano: l’Abi, dice, «ha ritenuto di usare strumenti sotterranei per combattere la normativa».

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