Leonardo ai tempi di Kataklò

Con un po' di fantasia, e cedendo all'eterno mito del viaggio nel tempo, diverte pensare a Leonardo - il più celebre di tutti, e cioè il Da Vinci - soddisfatto di fronte a uno spettacolo come quelli realizzati da Kataklò. La suggestiva miscela di sfide anatomiche, ritmo, luci, proiezioni video, coreografie, oggetti e macchine che da quattordici anni (dalla sua nascita) è marchio di fabbrica della compagnia di athletic dance theatre milanese, sembra infatti un «manifesto rinascimentale» delle infinite possibilità della comunicazione e della commistione fra diversi tipi di arte. Il nuovo spettacolo «Love Machines» - in prima nazionale da domani al 14 novembre al Teatro Ciak (ore 16-21, ingresso 28-20 euro più prevendita, info 02.76.11.00.93) - poi, è dichiaratamente un omaggio al genio e alla ricerca scientifica di Leonardo: le «macchine dell'amore» studiate da Kataklò e dalla sua ideatrice e regista Giulia Staccioli si trasformano in un'imprevedibile habitat per i protagonisti umani (prima un uomo e una donna, successivamente un'intera «tribù») che, poco a poco, prendono conoscenza di esse. Motivo ispiratore dello spettacolo sono gli studi e gli spunti leonardeschi sul piano inclinato, e in seconda battuta sul corpo umano, sul volo, sulle leggi fisiche e naturali. Come la gravità, incessante protagonista di «Love Machines», nella cui storia due misteriosi esploratori, curiosi e inizialmente impacciati, indagano lo spazio circostante, ne prendono le misure, dialogano con le infinite possibilità di inclinazione. Corpi-macchina in movimento tra macchine, in un crescendo ritmico (ma anche erotico: uomo e donna studiano il mondo ma anche sé stessi, avvicinandosi sempre più e confrontando le proprie reazioni) sorretto dall'ipnotica musica techno-ambientale di Italo Dorigatti, alias Sabba Dj. «Love Machines» - realizzato da Kataklò con la collaborazione del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano - è anche un modo per celebrare il rapporto fondamentale che Leonardo da Vinci ebbe con il capoluogo lombardo, durante una proficua stagione in cui operò alla corte di Ludovico il Moro. «Un cast di otto danzatori-acrobati tra i ventisette e i trentatrè anni di età - spiega la regista Giulia Staccioli interpretano in coreografie di gruppo e assoli il mondo visionario e innovativo di Leonardo. É il racconto di una presa di conoscenza, una sperimentazione di gesti e movimenti possibili, in una continua sfida dei propri limiti. I virtuosismi acrobatici si sposano a un racconto fatto di momenti drammatici, ma anche ironici, comici e paradossali». La stessa scelta dei materiali in scena si rifà al mondo di Leonardo: «I tessuti dei costumi, il legno e il ferro degli oggetti - spiega Staccioli - sono quelli che Da Vinci usava nei suoi studi. Tra un numero e l'altro, alcune frasi di Leonardo risuonano dal palco, a stimolare riflessioni sulla filosofia leonardesca, un punto di incontro tra scienza e passione, e quindi amore».

Le acrobazie degli otto atleti-danzatori tra i piani inclinati (che vanno dai 30° ai 60°, per chi avesse curiosità geometriche) sono il risultato di un duro allenamento: «Molti mesi, prove quotidiane di sei-otto ore - rivela Giulia Staccioli - Un continuo lavoro di corpo ma anche di testa, perché la ricerca dell'equilibrio richiede una concentrazione senza sosta».

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