Leonka, ancora un avviso di sfratto Il Comune: "Basta, poi sgombero"

L’assessore Giovanni Terzi: "Avevamo chiesto il rispetto delle regole e l’abbandono di ogni forma di violenza. Dal centro sociale non abbiamo avuto nessuna risposta"

Giovanni Terzi, assessore e capo delegazione Fi a Palazzo Marino, oggi al Leoncavallo si presenta l’ufficiale giudiziario. È la quattordicesima ingiunzione di sfratto e gli autonomi fanno sapere che «è una vergogna per la città che si candida a ospitare l’Expo 20105». Che ne pensa?
«Hanno ragione. È una vergogna che a Milano ci sia il Leoncavallo, un luogo fuori dalle regole. Il Leoncavallo è sinonimo di illegalità e l’amministrazione comunale chiede formalmente che la legge venga applicata. Quell’area al civico 7 di Watteau dev’essere sgomberata al più presto perché non ci possono né debbono essere privilegi a chi vive e opera nell’illegalità».
Messaggio chiaro, anche se stamani con probabilità non sarà concesso l’uso della forza pubblica e, quindi, l’ufficiale giudiziario notificherà ai leoncavallini un rinvio dello sfratto.
«Al futuro ministro degli Interni chiediamo di voler intervenire sulla vicenda Leoncavallo. Crediamo, come Comune di Milano, che serva un esempio: l’illegalità non è mai un fatto positivo e, lo ripeto, il Leoncavallo non ha fatto un passo in avanti, non ha scelto la strada della legalità».
Scusi Terzi, ma gli autonomi sostengono di aver risposto positivamente «a tutte le sollecitazioni pervenute dal Comune» anche rifiutando l’uso della violenza...
«Non ci sono dubbi sul fatto che il Leoncavallo viva e operi in una situazione di illegalità. Noi avevamo posto ai rappresentanti del centro sociale alcune precondizioni per il dialogo: il rispetto delle regole e il ripudio della violenza come strumento di lotta. Non abbiamo ricevuto alcuna risposta in tale direzione. Anzi, il Leoncavallo continuare a restare dentro un processo di illegalità. Noi, tanto per capirci sino in fondo, non possiamo né vogliamo fare opera di solidarietà a chi vive fuori dalla legge».
Insomma, questo processo non si è mai avviato. Ma i leoncavallini hanno pure vagheggiato soluzioni come Fondazioni, bilancio partecipativo e, adesso, anche una soluzione tramite il coinvolgimento della proprietà dell’area di via Watteau su Expo 2015. Non crede che ci sia un po’ di confusione?
«Sia chiaro: se i leoncavallini volessero iniziare un processo di legalizzazione, be’ noi saremmo sempre d’accordo. Ma le condizioni, oggi, non ci sono. E anche questo tirare in ballo la proprietà rispetto all’Expo è la riprova che, loro, non rispondono alle richieste fatte dall’amministrazione».
Resta però un problemino: il portavoce del Leoncavallo Daniele Farina, escluso dalla Camera, promette battaglia in piazza.

Lei, assessore, avverte questo rischio di riportare Milano indietro nel tempo?
«Vorrei che non ci fosse alcuna strumentalizzazione e che la sinistra esclusa dal Parlamento non usasse la piazza. Sarebbe gravissimo far nascere in piazza conflitti sociali inesistenti».

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