Ci sono teorie e idee che dalla Rivoluzione francese portano sino alla contemporaneità, e alla politica di oggi, attraverso percorsi carsici non sempre evidenti e, spesso, trascurati dalla manualistica storica. Eppure l'attuale populismo non potrebbe esistere se non fosse stato coltivato a partire da Rousseau e Robespierre. Ne parliamo con lo storico contemporaneista Marco Gervasoni (tra i suoi libri ricordiamo La Francia in nero. Storia dell'estrema destra dalla Rivoluzione a Marine Le Pen, Marsilio 2017).
Professor Gervasoni, quanto è rimasto di vivo della Rivoluzione francese nella politica di oggi?
«Chiaramente tutta la politica dell'800 e '900 è determinata dalla rivoluzione francese. Basti pensare che la divisione tra destra e sinistra che utilizziamo abitualmente ha origine in quel contesto. Se la democrazia liberale è nata negli Usa e in Gran Bretagna, il concetto di volontà popolare è figlio dell'illuminismo continentale che ha determinato molti esiti della politica europea dalla Rivoluzione in poi. Ma definire cosa sia la volontà popolare è molto complesso. Già Edmund Burke mise in luce che è un'astrazione che può, facilmente, portare alla dittatura».
Quindi la rivoluzione francese è strettamente collegata anche alle dittature del Novecento?
«Indubbiamente c'è un legame diretto con il comunismo che è stato anche rivendicato e molto ben analizzato, ma questo rapporto era molto evidente anche nel caso del fascismo e in qualche modo c'era anche col nazionalsocialismo».
Nel caso del fascismo?
«Mussolini lo spiegò bene anche nella voce della Treccani, a sua firma, sul fascismo: disse che non si trattava affatto di un movimento di matrice reazionaria. De Felice ed Emilio Gentile hanno evidenziato, con cura, tutti i rimandi presenti nel fascismo che arrivavano direttamente dalla rivoluzione francese. Basti pensare al cambio del calendario. I partiti che hanno incarnato un millenarismo, da religione laica, il cui fondamento era pretendere di essere il Bene assoluto hanno ereditato un'attitudine tipica della Rivoluzione francese, figlia di modalità legate soprattutto, ma non solo, al pensiero di Rousseau, o meglio alla versione dei pamphlet giacobini basati su Rousseau».
Questo richiamo alla volontà popolare come strumento politico è ancora presente oggi?
«Era meno usuale durante il lungo periodo della Guerra fredda, dove i partiti e le élite economiche avevano un maggior ruolo di mediazione politica. Ora dalla destra di Le Pen sino alla sinistra di Grillo è tornata di assoluta attualità.
Ovviamente è un richiamo che si scontra, molto spesso, con la gestione reale della complessità di governo. Del resto è un concetto così poco definito che molti di quelli che l'hanno usato, a partire da Robespierre, ci hanno messo poco a sovrapporre la volontà dei propri sostenitori a quella del popolo».
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