Parlare di guerra ai bambini non è una cosa semplice. A riuscirci in maniera egregia due insegnanti, Sonia Corvaglia e Lucia Perrucci, con il libro Cuori aperti contro la guerra, (ElectaJunior), che hanno fatto della loro amore e della loro grande esperienza a contatto con i ragazzi, e con alcuni piccoli profughi ucraini, un romanzo tenero e molto profondo. Attraverso la storia di due ragazze che si ritrovano a scappare dalla guerra e trovano rifugio in Italia, un percorso fatta di inclusione, di nuovi amici e nuove battaglie da affronatare a soli 13 anni, e a migliaia di chilometri da una casa.
Da cosa siete partite, per scrivere un libro per ragazzi sulla guerra?
Sonia: "Siamo entrambe insegnanti, io ho lavorato sia nelle scuole medie che nelle superiori, ed insieme a Lucia ci siamo trovate nella condizione di dover accogliere alcuni ragazzi e i bambini che arrivavano dall’Ucraina. Ci ha colpito molto il fatto che, nonostante le barriere linguistiche, i ragazzi hanno subito cercato di accoglierli. È un po’ nato tutto da qui. Questo libro voleva essere proprio un modo di accompagnare i ragazzi attraverso una storia positiva in questo momento di accoglienza e integrazione, e anche una maniera per non sottolineare sempre l’attenzione sulle paure della guerra”.
Lucia: “Volevo sottolineare il punto dell’integrazione di questi ragazzi, arrivati per scappare dalla guerra. Perché l’opportunità non è soltanto per chi arriva in Italia, ma anche per quelli che li hanno accolti che alla fine si sono arricchiti. Questo lo abbiamo visto bene nell'interazione a scuola dove entrambi si sono integrati e arricchiti, hanno affrontato e superato le barriere. Anche noi che abbiamo scritto questo libro, grazie a questi ragazzi, abbiamo avuto opportunità di affrontare e approfondire la cultura Ucraina”.
Un altro punto d’unione è stato il fatto che questo libro è scritto a quattro mani.
L.“Noi facciamo parte di una squadra tutta al femminile di Book on a Tree, in cui c'è anche la disegnatrice del libro Manuela Santoni. Una squadra tutta al femminile che per tutte noi è stata di grande arricchimento. Io e Sonia ci siamo immerse in questa storia facendo molta ricerca e ci siamo informate coinvolgendo anche associazioni di volontariato”.
Le protagoniste del vostro libro Julia e Sasha esistono realmente o vi siete ispirate a qualcuno?
L. “I personaggi sono assolutamente di fantasia, ma è indubbio che sia io che Sonia siamo state influenzate sia dalla conoscenza con i ragazzi arrivati dall'Ucraina, ma anche dal nostro passato. Veniamo entrambe dal Salento dove negli anni ’90 si ospitavano molti ragazzi che venivano da Chernobyl, che sono rimasti molto impressi in noi”.
Ci sono elementi nella storia particolari, come una delle bambine che smette di parlare o il fatto che invece delle bambole porta con sé è il suo gatto. C’è un motivo sul perché li avete inseriti nella storia?
S. “Anche se i personaggi sono di fantasia, abbiamo preso molto dalla nostra esperienza. Il mutismo selettivo è un fenomeno che purtroppo accade, e come insegnante mi sono trovata ad affrontarlo non senza difficoltà. I personaggi sono stati tratteggiati negli atteggiamenti e anche nelle interazioni tra compagni, nella storia ad esempio si parla anche di bullismo. Però la scuola è anche un posto di integrazione, accoglienza, affetto e di amicizia tra pari e i protagonisti sono stati modellati anche su quello. Gli elementi come il gatto che viene portato in salvo è un discorso che oltre a piacerci, riflette la realtà. Questa è stata anche la guerra degli animali e tutti siamo rimasti colpiti, e ci siamo commossi, nel vedere le immagini delle persone che scappavano portandosi dietro gli animali domestici. Ci sembrava giusto lasciarne traccia nella storia".
L. “Abbiamo inserito nella narrazione quello che ci ha colpito nella vita, per descrivere meglio anche i sentimenti interiori vissuti dai personaggi, come nel caso di Julia che appunto smette di parlare”.
Per che siete insegnanti, quanto è importante per i ragazzi parlare di inclusione?
S. “Molto, a volte i ragazzi sono tranchant e individuano nell’altro un nemico. Senza voler spoilerare, nel libro c'è l'elemeno di un ragazzo russo, per questo abbiamo fatto risolvere questo 'conflitto' in un campo di calcio. Per noi la cosa importante era prima di tutto far divertire e poi anche riflettere. Per quest’ultimo punto abbiamo inserito alla fine del libro dei box di approfondimento dove i lettori possono informarsi”.
L. “C’è anche da dire che i ragazzi sono curiosi, sempre e comunque, anche quando hanno i loro pregiudizi, perché non ne sono privi. Poi però li vedi aprirsi, e in un modo o nell’altro trovano sempre la strada per farlo. Questo libro in fondo racconta esattamente questo. Anche quando Sasha entra a scuola in Italia ha dei problemi, e nota atteggiamenti aggressivi da parte di alcuni compagni. Però i ragazzi, come dicevo trovano il modo, e nel caso del nostro libro, con il torneo sportivo che permette a questi ragazzi di superare le incomprensioni e i conflitti”.
Come siete riuscite a spiegare la guerra senza passarne la paura?
L. “Questa guerra è arrivata dopo la pandemia, i ragazzi a scuola erano già molto spaventati, tanti di loro hanno perso i nonni e si sono ritrovati ad affrontare un'altro timore. Abbiamo riportato questo sentimento nel libro raccontando la paura delle bommbe protagonista delle bombe. Mi è capitato in classe di sentire i bambini chiedermi se c'era un effetttivo pericolo, e per certi tipi di domande sono poche le rassicurazioni e bisogna trovare un modo per gestire questa loro angoscia. Ci abbiamo provato proprio attraverso questo libro, cioè cercando di non nasconderla ma gestirla”.
S.
“Volevamo far vedere il lato buono di ogni esperienza, anche quando nel libro Sasha racconta le cose terribil che ha visto della guerra. Perché al contempo anche nel dolore, nella paura, nella sofferenza avvenivano fatti di grande solidarietà, ed è questo il lato che i ragazzi devono vedere per identificarsi in quel qualcosa di buono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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