A letto con Marilyn (ma solo per leggere)

In Fragments sono riuniti poesie, appunti e lettere della Monroe. E' l’ultima profanazione di una star in fondo più colta che talentuosa

A letto con Marilyn (ma solo per leggere)

In Gli uomini preferiscono le bionde di Howard Hawks, il personaggio di Marilyn Monroe canta: «Diamonds Are A Girl’s Best Friends». Ma Fabrizio De André ribatterà: «Dai diamanti non nasce niente/ dal letame nascono i fior...!». Se avesse conosciuto Via del Campo, per sensibilità la Monroe l’avrebbe preferita al motivetto che intonava per contratto con Jane Russell. Lo s’intuiva dalle biografie, ora lo conferma Fragments, a cura di Stanley Buchthal e Bernard Comment (Feltrinelli, pagg. 270, euro 25), riunione di poesie, appunti, lettere dell’attrice dal 1943 alla morte (1962), chiosati e commentati con acribia, come fossero inediti di Sylvia Plath o di Pamela Moore, fiori americani coevi nel giardino delle non-vergini suicide.

Dopo le confidenze lascive rétro di un senile Tony Curtis, i Fragments della Monroe spostano l’attenzione da un corpo a un’anima, eppure se ne sarebbe fatto a meno, perché erano vita privata. Paradossale e amaro scoprire una sensibilità solo grazie all’insensibilità di chi, la vedova di Lee Strasberg, ha fatto mercato di scritti ereditati da lui e infine da lei, che deve averli considerati lascito superfluo di una concorrente con la quale le era ormai impossibile misurarsi.

Suicidio o omicidio che fosse, quello della Monroe, avvenuto un anno prima dell’assassinio di John Kennedy, sei anni prima dell’assassinio di Robert Kennedy - che ne avevano goduto l’intimità - ha favorito profanazioni in serie. Questa è l’ultima, per ora. Arthur Miller, che lei sposò a costo di convertirsi all’ebraismo, aveva sintetizzato natura e destino della Monroe: «Per sopravvivere, avrebbe dovuto essere più cinica. O almeno più realista. Invece era un poeta che, all’angolo della strada, cercava di recitare i suoi versi a una folla che la voleva nuda».
Divi e dive sono tali per fascino, non per talento. Si vedono cucire addosso personaggi su misura, dunque. Ma non sempre è così. Certo, la Monroe era anche l’ennesima puttanella di Hollywood, solo più fortunata di altre, come raccontò Billy Wilder dopo averne misurato l’inaffidabilità durante la lavorazione di A qualcuno piace caldo. Ma non era solo una puttanella. E ciò vale per ogni donna di successo che non sia ereditario.

Un regista però è pagato per fare film nel minor tempo possibile, coi maggiori incassi possibili. Quindi i problemi della Monroe furono colti da Wilder come una jattura contagiosa. Lui aveva visto Austria e Germania sconfitte degli anni Venti: qui regnava la fame. La fama per lui era venuta un quarto di secolo dopo, negli Stati Uniti, e Wilder se la teneva stretta. Non s’accontentava, come Lee Strasberg, di essere l’amico del cuore della Monroe, purché lei, mancando di meglio, si scaldasse con lui.

La Monroe aveva lasciato tracce crudeli lungo la sua vita sentimentale. Ragazzina violentata, seppellì il secondo matrimonio, quello con Joe Di Maggio - unico ad averla amata - sotto infedeltà femminili. I curatori di Fragments non specificano, ma le foto della Monroe accanto a Carson Mc Cullers - già amante di creature votate all’autodistruzione, inclusa Anne Marie Schwarzenbach... - non le hanno inserite a caso.

Quel che emerge da annotazioni e osservazioni, di pugno o dattiloscritte, è che la Monroe era abbastanza intelligente da non sembrarlo. Come molti attori, lei smetteva di recitare, forse, quando rimaneva sola. Non le capitava spesso. Era quasi colta. Già attrice in film come Giungla d’asfalto di John Huston, la sera frequentava meno i letti dei produttori che i corsi dell’Università di California. Troppe foto del libro la mostrano con libri in mano perché non ci stupisca di quelle pose ossessive. Chi legge romanzi per l’obiettivo del fotografo, li legge anche quando la pellicola è finita?

Un anno prima del suicidio, o dell’omicidio, il manicomio aveva accolto la Monroe. Ultimo marito, Arthur Miller non se ne stupì e ce l’avrebbe lasciata.

Penultimo marito, Joe Di Maggio la tirò fuori: le fece davvero un favore, visto l’esito drammatico di lì a poco di quell’esistenza sempre intensa, mai felice? Con gli occhi distaccati dell’estraneo, forse glielo fece, anche se non quello che credeva. Se non fosse morta giovane e bella, non ci sarebbero né questo libro, né questo articolo sulla Monroe. E oggi lei sarebbe ridotta come la rivale Liz Taylor.

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