Buone notizie arrivano da Bologna, dove si è appena concluso il congresso della Società italiana di ematologia. Fra le altre una è rilevante: debellare la leucemia mieloide cronica non è più un miraggio. Il Glivec aveva già ottenuto risultati eccezionali, arrivando a percentuali di sopravvivenza del 90 per cento. Ora, da Bologna, la novità: in quella piccola percentuale di malati che manifesta resistenza a questo farmaco è possibile impiegare Tasigna (nome chimico Nilotinib), con risultati altrettanto positivi. Lannuncio è stato dato dal professor Sergio Amadori, presidente della Società italiana di ematologia, il quale ha definito «molto positivo» lattuale momento della ricerca in ematologia. Oggi, ha aggiunto, si stanno radicalmente modificando le prospettive di molte malattie del sangue e migliaia di pazienti hanno una più lunga sopravvivenza e possono addirittura guarire. Il giudizio è stato sottoscritto da molti relatori, in particolare dal professor Michele Baccorani, che dirige lIstituto di ematologia e oncologia medica Seragnoli di Bologna. Questo inibitore della tirosin-chinasi di seconda generazione - ha detto - è dotato di maggiore selettività (rispetto ai farmaci che lhanno preceduto) perché riesce ad agire su 31 delle 32 «mutazioni» che causano la leucemia mieloide cronica e che provocano le resistenze a Glivec, che comunque resta il rimedio essenziale nella terapia di questa grave malattia. Secondo il professor Baccarani, il nuovo farmaco - già approvato dallEmea - è «figlio» del primo. Un confronto diretto di efficacia non è stato ancora fatto; ma è già in corso uno studio prospettico, che si concluderà fra un anno, che ci darà risposte precise.
LItalia è tra i Paesi che hanno dato un maggior contributo allo studio della leucemia mieloide cronica. In particolare si è distinto il gruppo italiano per lo studio delle malattie ematologiche delladulto (Gimema). La leucemia mieloide cronica è una neoplasia maligna caratterizzata dalla presenza del cromosoma Philadelphia, che prende il nome dalla città in cui fu scoperto (1960) dai ricercatori americani Hungerford e Nowell.
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