Va tutto benissimo finché non finisce male. Non ci eravamo ancora ripresi dagli (sfarzosi) stracci volati sotto forma di Rolex e borsette nelle coppia scoppiata Blasy-Totti, che sono entrati in gioco a gamba tesa anche Mauro Icardi e Wanda Nara, un matrimonio che è anche una società con lui sempre più ex - ex Inter, ex Psg (ora al Galatasaray in Turchia) e adesso forse anche ex della sua procuratrice - e lei che ha annunziato su Instagram con una storia (di 50 parole) la storia (di 9 anni) finita. Se pur eccellenti, non sono eccezioni. In Italia ci si sposa sempre meno e (in proporzione) si divorzia sempre di più. Anche quando non si è più proprio giovanetti. Li chiamano «gray divorce» i divorzi grigi, più che raddoppiati, anzi quasi triplicati in Italia dal 2000 a oggi. E la pandemia pare sia stata detonante: uscire di casa dopo mesi di forzata convivenza ha significato per molti puntare dritto allo studio dell'avvocato. Risultato: boom di divisioni. Quante? Con esattezza lo sapremo solo il prossimo anno. Ma la fotografia impietosa dell'Istat sui primi 9 mesi del 2021 ha sistemato già un discreto più 32,8% di divorzi rispetto al 2020.
MEGLIO SOLI CHE SPOSATI
Quello che è certo, è che nessuno si accontenta più. Neanche a 80 anni. E allora se il tenore di vita permette di pagare il prezzo della libertà ci si dice addio anche da nonni. Nel 2000, infatti, i divorzi con il marito ultra 65enne erano il 3,4%, nel 2018 sono diventati l'8,5%. Più che raddoppiati, quasi triplicati. Nel caso delle mogli la proporzione è la stessa: dall'1,9% al 4,8% (dati Istat). «Non ci sopportimao più mi dicono serenamente quando vengono in studio», racconta l'avvocato Armando Cecatiello, esperto di diritto di Famiglia che ha appena dato alle stampe un libro «Patrimoni famiglie e matrimoni» con l'eloquente sottotitolo «Conoscere i propri diritti e doveri per scelte consapevoli e serene». Separarsi in questi casi è meno conflittuale. Il quadro patrimoniale è chiaro e le situazioni affettive ben consolidate. «Il nostro lavoro in questo caso è soprattutto quello di far capire che la libertà ha un costo e conviene separarsi se tutti possono stare bene», sottolinea Cecatiello.
Se prima l'uomo si separava intorno ai 44 anni ora l'età media è sui 50, mentre lei passa da 41 ai 47 anni. Prima di sposarsi gli italiani ci pensano parecchio. E magari decidono di non farne di niente. A guardare gli ultimi dati Istat (a partire dal 2008) è una discesa libera. Quell'anno sono stati celebrati 246.613 matrimoni e conclusi 54.351 divorzi, nel 2019 (ultimo dato confrontabile prima della pandemia) ci sono state 184.088 nozze e 85.349 divorzi, segnale di un trend ormai chiaro (nella tabella sotto tutti i dati). Il 2020, anno del Covid, resta ovviamente un anno anomalo: a fronte di appena 96.841 nozze ci sono stati 66.672 divorzi e 79.917 separazioni. «Quello che è successo durante la pandemia ce lo diranno definitivamente solo i dati di febbraio 2024», spiega Antonella Guarneri, ricercatrice dell'Istat. Anche se i numeri relativi ai primi 9 mesi del 2021 anticipano che non c'è stata nessuna inversione di rotta. Anzi. Nonostante tutti i rinvii dell'anno del Covid non si raggiungono ancora i numeri del 2019 (-8,8% quelli religiosi e -4,5% quelli civili). La convivenza forzata ha messo a dura prova nozze, convivenze, amori (o giù di lì), appena nati ma anche di lunga data. Il polso della situazione si misura oltre che nei matrimoni eccellenti naufragati con gossip, negli studi degli avvocati, a quanto pare presi d'assalto dopo la pandemia. E come sempre il boom è sempre dopo le vacanze, a settembre e a gennaio. «Specie dopo il secondo lockdown - fa notare l'avvocato Cecatiello - abbiamo avuto parecchie richieste, anche se i tribunali non hanno mai chiuso e gli avvocati lavoravano. Il grosso lo vedremo il prossimo anno. Anche perché la strada della separazione non è più lunghissima ma prevede comunque tempi precisi». La chiave di volta è stata nel 2015 il divorzio breve, fa notare Guarneri. In quei due anni i numeri sono lievitati: dai 50mila costanti fino ad allora, a oltre 80mila fino al raddoppio dei 12 mesi successivi (quasi 100mila). Dai 5 anni che dovevano intercorrere tra separazione e divorzio, siamo passati prima a 3, poi all'anno ridotto a 6 mesi in caso di consensualità. Una tipologia per fortuna sempre in crescita: nel 2021 (solo i primi 9 mesi) quasi il 50% in più rispetto all'anno precedente e un 6% in più rispetto anche al 2019. Così come è in crescita la negoziazione assistita. Perchè litigare e andare in Tribunale non è più la via maestra. O meglio: non manca certo chi è pronto a dare battaglia al coniuge, ma ora una nuova generazione di legali cerca di stemperare gli animi e limitare le risse.
COME È CAMBIATO IL DIVORZIO
È finita. Non ne posso più. Mi voglio separare. Inizia così. In genere dopo 15 anni, come evidenzia la lente di ingrandimento dell'Istat. Ma può proseguire in parecchi modi. Prima si litigava di più. «Specie quando ci sono patrimoni condivisi», spiega l'avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell'Associazione matrimonialisti italiani, autore di parecchi libri sul tema («C'eravamo tanto armati», «Vi dichiaro divorziati») e ultimo «La guerra dei Rossi».
La rissa, anche legale, era quasi scontata e l'approdo in Tribunale quasi dovuto. Ora le cose sono un po' cambiate. O stanno cambiando. «C'era anche una vecchia cultura degli avvocati che iniziavano con il contenzioso, quindi subito in tribunale, e se poi si trovava l'accordo tanto meglio. Ora invece ci sono tantissimi strumenti che ci portano a poter aiutare i clienti a prendere decisioni più consapevoli», sottolinea Cecatiello. La riforma Cartabia in vigore da giugno scorso «per la quale siamo ancora in attesa di alcuni decreti attuativi, ha dato una spinta verso le cosiddette «AdR», le Alternative dispute resolution, i metodi alternativi per evitare di andare in tribunale. In pratica, di solito: mediazione familiare, negoziazione assistita, secondo un modello di derivazione americana. E infatti gli ultimi dati Istat dicono che una separazione consensuale su tre e un divorzio (consensuale) su due avviene al di fuori del Tribunale. «Andare direttamente in tribunale significa anche avere velocemente una decisione del giudice, perché alla prima udienza vengono prese le decisioni più importanti», specifica Cecatiello. Di solito quelle legate al mantenimento dei figli e la casa familiare.
In un primo periodo si potrà anche tirare un sospiro di sollievo. «Chi lascia è felice di essere libero. Chi viene lasciato si trova con un minimo di comfort, magari mancato durante il periodo di separazione: spesso uno dei due smette di provvedere alla famiglia e l'altro può trovarsi in gravi difficoltà». Ma «la decisione presa dall'alto, cioè dal giudice, non è stata ponderata bene dalla coppia», ed è altissima la percentuale di chi ricomincia litigare dopo qualche mese. Per i soldi (oggi più di ieri) o per i tempi con i figli e lo fa in sede di divorzio o chiedendo la modifica delle decisioni. Quindi «il peggior contenzioso è quello che viene da una decisione già presa. Non bisogna arrivare a quel punto - precisa - Prima era più così perchè è così che viene inteso da una vecchia scuola di avvocati ancora legati a creare zizzania, a guardare più alle situazione divisive invece che a quelle che possano portare a una visione di accordo». Ora c'è una nuova tendenza specie degli avvocati specializzati, di fare un lavoro di negoziazione, a partire dalla mediazione familiare, «quando ci accorgiamo che hanno forti problemi di comunicazione: è inutile trovare un accordo perché dopo poco ricominceranno a non capirsi». A volte basta qualche seduta da un mediatore familiare o comunque una persona competente «per ripristinare le naturali basi della comunicazione», aiutando la coppia seppur scoppiata da lì per sempre.
UN CURATORE SPECIALE PER I FIGLI
Così ora negli studi degli avvocati non si trovano più solo i legali ma anche mediatori, coach, psicologi per capire davvero quello che si vuole oppure per accettare la decisione dell'altro. E questo significa aiutare anche i figli, spesso al centro della battaglia con effetti devastanti. «È stata formalizzata dalla nuova riforma anche la figura del curatore speciale - spiega ancora Cecatiello - Si tratta di un avvocato che nell'ambito del processo viene assegnato ai minori se il giudice ritiene che i genitori non si dimostrano capaci di capire qual è l'interesse vero dei figli». Il curatore incontra i ragazzi, si fa portavoce dei loro diritti in Tribunale, «è un'eccezione sul divieto dei minorenni di incontrare un avvocato». «Oggi dai 12 anni in su devono essere sentiti in Tribunale. C'è maggiore attenzione ai ragazzi che hanno diritto ad essere tutelati anche attraverso un professionista che guardi solo dalla loro parte». Per evitare la guerra a suon di dispetti.
«Le persone che divorziano sono in un momento difficile e spesso fanno cose stupide perchÉ magari prese dall'odio, dalla gelosia, dai sentimenti.
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