«L'Italia vista dagli altri». Questo il titolo del primo convegno di studi sull'Italia mai organizzato nella ex Jugoslavia, che si terrà venerdì e sabato prossimi a Banja Luka, in Bosnia, e riunirà venti studiosi di diverse nazionalità, fra i quali italiani, bosniaci, croati, serbi e sloveni. L'incontro è stato organizzato dal Dipartimento di lingua e letteratura italiana e lingue e letteratura serba dell'Università di Banja Luka, diretto dal professor Danilo Capasso, con il patrocinio dell'Ambasciata Italiana e il sostegno di numerosi sponsor. Si articolerà in due giornate e quattro sessioni, i cui temi spazieranno dalla letteratura alle scienze umane.
Il titolo del convegno ha doppia valenza, dando così un primo messaggio sul vero significato del convegno. Infatti, se l'Italia rappresenta un concetto geograficamente, linguisticamente e culturalmente preciso, stabile, gli «altri» sono la componente mobile, non fissa. «Altro» non significa esclusivamente straniero, «non italiano», ma indica semplicemente una non appartenenza, un'alterità individuale: un punto di vista non convenzionale sulla storia e sulla cultura italiana.
Questo appuntamento vuole anche essere un'occasione per fare il punto sulla visibilità internazionale della cultura italiana; per valutare attraverso quali aspetti si possa comprendere meglio il contributo italiano alla cultura europea in termini di storia delle idee, innovazioni letterarie e artistiche, miti, modelli, soggetti, temi; per verificare, infine, in che modo quel contributo abbia influenzato e influenzi l'immagine dell'Italia nel mondo.
Banja Luka è stata scelta per questo tipo di iniziativa in quanto sede di un centro per la diffusione della lingua e della cultura italiana. Per tale motivo sarà per i due giorni del convegno teatro di scambio di esperienze tra l'Italia e gli altri, proponendo anche un rinnovato motivo di incontro e di «reincontro» tra esperienze diverse.
Ma è stata scelta anche perché si trova al centro di una regione, quella dei Balcani, sulla quale l'Italia ha da molti secoli esercitato una grande influenza. Prima attraverso la Serenissima repubblica di Venezia, che dominò l'Istria e la Dalmazia e che intrattenne stretti rapporti con tutti gli Stati che confinavano con i suoi possedimenti adriatici, poi attraverso le suggestioni che il nostro Risorgimento accese in Serbia, che sognava di ripetere in quella che sarebbe diventata la Jugoslavia l'exploit realizzato nel nostro Stivale dal Piemonte sabaudo e dal movimento per l'unità nazionale, e infine attraverso il Regno d'Italia, sempre attento alle questioni balcaniche che potevano mettere in difficoltà le due potenze che vi si confrontavano, l'impero austroungarico e l'ottomano.
Insomma, i contatti fra la nostra cultura e quelle balcaniche furono sempre vivi, anche se a volte conflittuali e drammatici, come quelli «attivati» durante il fascismo, la Seconda guerra mondiale e il tragico dopoguerra degli italiani d'Istria e Dalmazia.
E il convegno di Banja Luka servirà anche ad aggiornare la visione che del nostro Paese hanno i popoli balcanici, che rappresentano un «altro da noi» che noi conosciamo meno rispetto agli «altri da noi» con i quali ci confrontiamo con più frequenza come francesi, spagnoli, tedeschi e britannici.
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