Le liti nel Carroccio Bossi attacca Maroni: Lega alla resa dei conti

Affondo contro il ministro che non ha gradito la conferma di Reguzzoni come capogruppo: "È scontento? Peggio per lui". Bobo sorpreso: "Gli hanno fatto uno shampoo"

Le liti nel Carroccio 
Bossi attacca Maroni: 
Lega alla resa dei conti

Il «patto di Montecitorio» è già saltato. Il compro­messo deciso da Bossi, con la riconferma tempo­ranea di Reguzzoni a ca­pogruppo, non ha placa­to gli animi nella Lega ma ha avuto l’effetto oppo­sto. Le due fazioni, accon­tentate a metà (il cerchio magico col rinnovo del «Reguz», i colonnelli con la scadenza anticipata del mandato, alla pri­ma occasione di rimpasto), stanno affilando le armi per ottenere il re­sto. Il più infuriato è Roberto Maro­ni, che aveva chiesto la testa del ca­pogruppo, appoggiato da 50 deputa­ti su 59 e dagli altri colonnelli, non solo Calderoli ma anche quelli più neutrali come Cota e Zaia.

Il «Bobo» non ha voluto forzare la mano lune­dì, nella tumultuosa riunione del gruppo (si è sfiorata la rissa), per non andare allo scontro con Bossi. Dunque Maroni ha incassato il no del capo (convinto della riconferma anche da parte Pdl, che vede in Re­guzzoni un lealista), ma è pronto a marciare sul cerchio magico, forte del consenso nel partito e nella base (Pontida è stata chiara). «Maroni è scontento? Peggio per lui - ha sibila­to Bossi nel day after - . È la base che tiene sotto controllo la Lega, non Ma­roni... ». Accenti e scintille che non si vedevano da anni nella Lega. Maro­ni, dicono i suoi, è rimasto spiazzato e sorpreso dalle parole di Bossi («gli hanno fatto lo shampoo disinfor­mandolo, ma le bugie hanno le gam­be corte », cioè lo hanno condiziona­to, ha detto Maroni, riferendosi a quelli del cerchio...). Il capo, dopo aver ripetuto per giorni che la Lega è compatta, lo ha attaccato diretta­mente, regalando una soddisfazio­ne al quartetto anti-Maroni. Nella giornata poi Maroni ha cercato al te­lefono Bossi per un chiarimento. Ma la situazione resta esplosiva.

«Il Bobo forse ha sbagliato i tempi, do­veva lasciar passare qualche giorno, invece andando alla carica subito ha convinto Bossi a mediare, perché sennò sarebbe emersa una spacca­tura » osserva un maroniano... «Siamo al redde rationem» è il commento all’unisono di molti par­lamentari leghisti. Il clima è quello, da guerra civile dentro il Carroccio. Con la strana situazione di due eser­citi ben diversi: uno (quello del «cer­chio ») composto da qualche decina di persone,l’altro da tutto il resto del partito. Però il cerchio agisce diretta­mente su Bossi, con l’influenza diret­ta che hanno Rosy Mauro ( si dice tra­mite lady Bossi, Manuela Marrone) e Marco Reguzzoni, verso cui il capo nutre sincero affetto. «È bravissimo - ha detto Bossi in un colloquio priva­to- , è un imprenditore, sa organizza­re, potrebbe fare il responsabile am­ministrativo della Lega». Ma Bossi in privato ha parole di grande stima anche per Giancarlo Giorgetti («è un bravo mediatore, bravo ragaz­zo ») che pure è il colonnello che il «cerchio»voleva silurare con il tenta­to commissariamento- blitz della Le­ga lombarda ( la chiave per tenere in pungo tutto il Carroccio, quella cui ambisce l’abile Reguzzoni).

E poi per i delfini Maroni («ci ha salvato dall’immigrazione») e Calderoli («ha fatto il federalismo fiscale»), plasticamente investiti come suoi successori a Pontida, quando li ha presi con sé sul palco. Ma come in una tragedia shake­speariana, i figli del sovrano si scan­nano. E se Maroni si mobilita, anche il cerchio procede coi suoi piani. Sembra che l’opa sulla Lega lombar­da non sia stata accantonata, mal­grado le pesanti reazioni scatenate nel partito dalla notizia (minacce di dimissioni, sindaci pronti a ridare la tessera...). Un bersaglio più ravvici­nato sarebbe la segreteria della Lega a Varese, capitale del leghismo. Ora ci sono uomini di Giorgetti e Maro­ni, ma la Lega di Gemonio punta a scalzarli con i propri. Ma quando? Quando si faranno i congressi pro­vinciali, che devono essere rinnova­ti dopo l’estate (da ottobre a genna­io). Non solo in Lombardia, ma an­che in Piemonte e in Veneto, dove già si è cominciato con Verona (do­ve stravince Tosi...).

Il problema è che se si va alla conta (come si è pro­vato a fare nel gruppo della Came­ra), non c’è partita,stravincono i ma­roniani- calderoliani. Quindi il brac­cio di ferro potrebbe essere un altro, con il cerchio che spinge per com­missariare le «nazioni» (così si chia­mano le regioni nella Lega), e gli altri invece per i congressi. Maroni deve simulare una pace che non c’è quando dice che «nella Lega non c’è nessuna lotta intestina ma solo diversità di opinioni su cui poi si è trovata la sintesi». In verità c’è lotta e non c’è ancora sintesi. Non è in discussione la leadership di Bossi, che è quello che decide, an­che quando la maggioranza non è d’accordo con lui.

«Se serve sbatto fuori anche i sindaci delle città im­portanti » ha minacciato il capo mer­coledì (riferendosi a Tosi? Fonta­na?), per far capire che non ci sono firme che tengano, conta quel che dice lui. Ed è dietro questo potere ancora assoluto che il cerchio si trin­cera.

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