«La Lombardia parte con il federalismo Roma non può dire no»

Formigoni: «Rivoluzione a costo zero, basta attuare il titolo V della Costituzione riformato dall’Ulivo»

Giannino della Frattina

da Milano

La «vera novità politica dell’estate», una «grande rivoluzione che cambierà il destino dell’Italia e renderà migliore la vita dei cittadini». A «costo zero per lo Stato». Che, di questi tempi, è un lasciapassare mica da poco. E Roberto Formigoni sa bene quanto ne abbia bisogno il federalismo, parola un tempo fuggita come il demonio, oggi corteggiata un po’ da tutti. Perfino da quella sinistra che l’ha per anni brandita come una clava contro la Lega di Umberto Bossi.
Governatore Formigoni, vuol dire che la Lombardia vuol mettersi in testa alla crociata delle Regioni per il federalismo?
«Sì. E se il governo ci risponderà di no, dovrà spiegare agli italiani perchè. E dovrà farlo bene, anzi molto bene».
Perchè questo ultimatum?
«Perchè stiamo semplicemente chiedendo l’applicazione di quelle modifiche alla costituzione che proprio il centrosinistra ha approvato nel 2001. Parlo ovviamente del Titolo V e della conseguente attuazione degli articoli 116 e 119».
In soldoni?
«Maggiore autonomia per la Lombardia. Chiediamo le cose che sappiamo fare meglio e gestire con maggior efficienza rispetto allo Stato».
In concreto?
«Più competenze su sanità, istruzione, energia, ricerca. Quattro esempi, ma se ne potrebbero anche fare molti altri, come i giudici di pace. Ce n’è da lavorare i prossimi mesi».
Ha parlato di vita migliore per i cittadini.
«Nella scuola potremmo dare più autonomia agli istituti, responsabilizzare genitori, presidi e insegnanti. Il tutto a vantaggio dei ragazzi».
Prevedibile l’ironia sui programmi in dialetto.
«I programmi resteranno quelli nazionali, salvo una piccola quota stabilita dalle Regioni».
Sanità?
«Vogliamo gestire meglio le risorse, puntare all’efficienza e all’eccellenza nei nostri ospedali. La Lombardia ha carenza di infermieri perchè il costo della vita è più alto. Noi dobbiamo poter aumentare i loro stipendi. Lo stesso per i medici. E poi incrementare i posti letto».
Quindi ci vogliono più soldi.
«Certo. Oltre all’affidamento delle competenze è indispensabile il federalismo fiscale. Previsto, lo ripeto, dall’articolo 119. Devono andare di pari passo».
Un impegno mica da poco. Una montagna da scalare o una strada già aperta? Quali sono le sue sensazioni?
«Un segnale molto positivo è venuto in consiglio regionale dove Ds e Margherita hanno votato un ordine del giorno insieme alla Cdl».
E i «suoi» cosa ne pensano?
«Silvio Berlusconi è un grande sponsor di questa mia iniziativa. Ne abbiamo parlato anche con Umberto Bossi che la condivide».
An e Udc, più radicate al sud, un po’ meno?
«No. Il federalismo è nel nostro Dna. E ora diventa una sfida decisiva al centrosinistra».
Perchè una sfida?
«La Lombardia, una regione di centrodestra, chiede ai governanti di centrosinistra di applicare finalmente quella modifica costituzionale che proprio loro hanno voluto».
Per il passaggio in Parlamento ci vorrà una maggioranza bipartisan.
«È una prova di dialogo, di collaborazione tra gli schieramenti. Un bipolarismo di pace, costruttivo».
Detto con altre parole, un inciucio.
«Assolutamente no. Non ci sono accordi sottobanco. E ora vogliamo confrontarci anche con altre forze sociali e rappresentanze culturali. Confindustria e Cisl hanno già elogiato il nostro disegno».
I tempi?
«A ottobre porterò il mio progetto in giunta, dopo passeremo al consiglio regionale che ci dovrà dare un mandato per andare a Roma ad aprire la trattativa con il governo. Poi l’intesa tra Stato e Regione andrà approvata con maggioranza assoluta dal Parlamento».
E lì saranno guai?
«No, questo non è un federalismo di bandiera, un disegno ideologico, ma un federalismo funzionale pensato per i cittadini che, per esempio, potrebbero pagare di meno l’energia o veder snelliti i processi civili grazie a un potenziamento delle strutture dei giudici di pace e delle camere di arbitrato e conciliazione».
Diranno che una regione ricca sceglie la secessione economica per non dividere con gli altri. Che così si perpetua l’Italia a due velocità.
«Hanno già cominciato. Ma non c’è nulla di più falso, tanto è vero che abbiamo firmato proprio al Sud un accordo con le altre Regioni sui criteri di fondo per il federalismo fiscale. La Lombardia sta guidando un processo condiviso da tutti. Ognuno dev’essere valorizzato per le sue qualità. E così ne guadagnerà tutta l’Italia».
Sicuro?
«In un mondo globalizzato, a trainare i Paesi sono le regioni. Quella di Pechino o Shanghai in Cina, ma lo stesso succede in India e nelle altre nazioni ad alto tasso di sviluppo».
È per questo che la Lombardia chiede di poter gestire le grandi infrastrutture?
«Chiediamo allo Stato i poteri di ente concedente che oggi sono dell’Anas».
Motivo?
«Grandi progetti sono bloccati da decenni e noi abbiamo dimostrato di essere più efficienti. Qui sono state costruite autostrade regionali come la Cremona-Mantova e la Broni-Pavia-Mortara a costi tre, quattro volte inferiori a quelli dell’Anas. E in tempi assolutamente più rapidi».
Quindi?
«Il ministro Antonio Di Pietro ci è venuto a dire che per la Lombardia non ci sono soldi.

Allora noi la Pedemontana, la BreBeMi e la tangenziale Est vogliamo farle da soli».
Ce la farà?
«Bisogna spiegare, spiegare, spiegare. Sono proposte complesse, ma così evidentemente positive... Le pare normale che delle autostrade lombarde si decida a Madrid?».

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