Vedova allegra: così nasce la nuova moda

Nel 1907 il Dal Verme riuscì ad assicurarsi l'operetta La Vedova Allegra in anticipo su Londra e New York, per citare due metropoli dove, anche allora, tutto accadeva

Vedova allegra: così nasce la nuova moda

Nel 1907 il Dal Verme riuscì ad assicurarsi l'operetta La Vedova Allegra in anticipo su Londra e New York, per citare due metropoli dove, anche allora, tutto accadeva. La Vedova allegra di Franz Lehár raggiungeva Milano dopo la prima assoluta del 30 dicembre 1905 al Theater an der Wien di Vienna a cui si era aggiunto un passaggio in terra germanica (Amburgo).

Milano sorseggiò volentieri quella coppa di bollicine, l'ultima ventata di spensieratezza da Belle Époque, proprio mentre si era a un passo dal precipizio rappresentato dal primo conflitto mondiale. Piaceva quel soggetto semplice, senza pretese, i duetti e le arie godibili e i balletti briosi che innervano questa ed altre operette. L'Italia era la roccaforte dell'opera dura e pura, con punta nella Scala, dunque aprirsi a questo genere leggero era stato un azzardo visto con qualche disapprovazione dai fautori della tradizione italica. Ma la scommessa fu vinta tanto che i giornali riferiscono che «l'indomani l'intera Milano fischiava e cantava Tace il labbro, È scabroso le donne studiar e tutti gli altri brillanti, nostalgici, travolgenti motivi lehariani.

Rotto il ghiaccio con il genere, il Dal Verme e più in generale la città si aprivano all'operetta addirittura fatta in casa. Dopo il conflitto mondiale e le agitazioni del biennio rosso, il 18 dicembre 1925 il Dal Verme teneva a battesimo Cin Cin Là di Carlo Lombardo dei Baroni e Virgilio Ranzato, violinista alla Scala sotto la bacchetta severissima di Arturo Toscanini.

Per la verità, il Dal Verme non era comunque più solo in questo tipo di proposte. Subiva infatti la concorrenza del Teatro Lirico e del Fossati. Erano anni bui, anche in termini di nuove proposte di melodramma, l'operetta si rivelò un balsamo.

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