La macchina? Distrutta e venduta Presa la banda delle auto clonate

Un’associazione per delinquere fatta da italiani, nordafricani e giovani dell’Est Europa. Diventati tutti ricchi in poco tempo. E facendo quello che sapevano fare meglio e con relativa facilità: taroccare le macchine. Trasferivano infatti i dati di auto di grossa cilindrata andate completamente distrutte in incidenti stradali a vetture rubate alle quali rifacevano così i connotati. Oppure mettevano in atto un vero e proprio sistema di clonazione di macchine «gemelle». Per poi rivenderle in Italia e all’estero, con un notevole margine di guadagno per loro stessi e per le autofficine, i demolitori, i concessionari e tutti i professionisti dell’illecito che, in un modo o nell’altro, avevano collaborato alla riuscita del loro business.
La squadra accertamenti veicoli contraffatti del reparto radio mobile della polizia locale di Milano, con un centinaio di uomini, li ha seguiti e intercettati per oltre due anni tra la Lombardia, il Piemonte, la Puglia, la Calabria e la Sicilia. Arrestando in tutto 40 persone (tra loro anche tre donne) e denunciandone altre 80 a piede libero (13 le misure cautelari più recenti).
I vigili non sanno ancora quantificare con esattezza l’enorme giro d’affari di questa banda da parecchio tempo sulla piazza e specializzata, tra l’altro, anche nel furto di Tir e nella ricettazione delle merci che trasportavano, così come in truffe alle assicurazioni. Tuttavia hanno calcolato che intorno ai soli veicoli sequestrati, poco più di un centinaio, girano qualcosa come 1 milione e mezzo di euro. E che la merce rubata ritrovata nei capannoni-deposito in provincia di Varese e Pavia ne vale più di due. Senza contare le truffe assicurative: solo le sei accertate finora raggiungono la cifra non indifferente di 200mila euro.
La banda - capeggiata da quelli che vengono definiti dai vigili due carrozzieri-delinquenti di lungo corso del settore, Antonio D’Argenio e Ludovico Stella - era specializzata in un’ingegnosa forma di clonazione delle auto che ha spinto i vigili a chiamare la loro operazione-inchiesta «Illusionista». I balordi, infatti, rubavano in strada due macchine identiche. Una veniva messa in un deposito sicuro, l’altra invece veniva ridotta a una carcassa, rivendendo i pezzi di ricambio e soprattutto recuperandone targa, documenti e numero di telaio che venivano scambiati con quelli della macchina gemella integra nel deposito. A questo punto, il rottame veniva abbandonato in strada perché fosse ritrovato dalle forze dell’ordine e riconsegnato al proprietario della macchina gemella. In questo modo i dati d’identificazione venivano cancellati dai terminali con l’elenco di tutte le auto rubate.

Dopo il ritrovamento, membri dell’organizzazione si presentavano dal proprietario del rottame, o dal demolitore a cui era stato portato, offrendogli 100, 200 euro per portarselo via. E solo allora la macchina gemella, clonata in ogni dato identificativo, veniva rimessa sul mercato con dati ripuliti.

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