Palermo - Una busta con una lettera di minacce e cinque proiettili di kalashnikov è stata recapitata nei giorni scorsi, ma la notizia si è appresa solo oggi, a Massimo Ciancimino. La busta è arrivata nell’abitazione bolognese del figlio dell’ex sindaco di Palermo, che da mesi fa rivelazioni ai magistrati di Palermo sulla presunta trattativa tra Stato e Cosa nostra dopo il periodo stragista. Nella lettera, scritta a macchina si fanno anche i nomi di Luciano Violante e Claudio Martelli "recidivi e traditori", oltre che ai pm Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo e al conduttore televisivo Michele Santoro e al Procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari. Tra i nomi nella lettera anche quello del pentito Gaspare Spatuzza che a dicembre fece dichiarazioni al processo a Marcello Dell’Utri.
Presunti rapporti Stato-mafia La storia dei presunti rapporti tra lo Stato e la mafia, nei primi anni Novanta, subito dopo le stragi che uccisero Falcone e Borsellino, continua a tenere banco. A Palermo, dov'è in corso il processo al generale dei carabinieri Mario Mori, imputato di favoreggiamento alla mafia, ha deposto l'ex ministro della Giustizia Claudio Martelli. "Non credo che i carabinieri del Ros abbiano trattato con la mafia - dice l'ex guardasigilli rispondendo alle domande dei giornalisti -. Penso solo che si siano avventurati nel terreno scivoloso di una ipotetica collaborazione con la giustizia di Vito Ciancimino per evitare le stragi e arrivare alla cattura dei latitanti".
Ros-Ciancimino, rapporti stretti "Avemmo la sensazione che tra i carabinieri del Ros e Vito
Ciancimino ci fossero rapporti stretti", ha detto Martelli al processo.
L'ex Guardasigilli ha raccontato che nel giugno 1992, il direttore degli Affari penali, Liliana Ferraro,
gli disse che il capitano Giuseppe De Donno, braccio destro di Mori, le aveva riferito di
avere contattato il figlio di Ciancimino, per incontrare il padre 'per fermare le stragi'. "Ferraro - ha aggiunto Martelli - mi raccontò di avere invitato De Donno a rivolgersi a
Borsellino. Praticamente - ha continuato - Ferraro mi fece capire che il Ros voleva il
supporto politico del ministero a questa iniziativa. Io mi adirai perchè trovavo una
sorta di volontà di insubordinazione della condotta dei carabinieri.
Avevamo appena creato la Dia, che doveva coordinare il lavoro di tutte le forze di
polizia e quindi non capivo perché il Ros agisse per conto proprio".
Il passaporto "Nell’ottobre del ’92, Ferraro mi disse di avere visto de Donno e che questi le aveva chiesto di agevolare alcuni colloqui investigativi tra mafiosi detenuti e il Ros e se c’erano impedimenti a che la procura generale rilasciasse il passaporto a Vito Ciancimino. Anche questo secondo racconto della Ferraro fece adirare l’ex ministro che disapprovava l’indipendenza del Ros e riteneva Ciancimino una delle menti più raffinate di Cosa nostra. Dare credibilità a Ciancimino per cercare di catturare latitanti - ha aggiunto - era un delirio".
La smentita di Mancino "Ho sempre escluso, e coerentemente escludo anche oggi che qualcuno, e perciò neppure il ministro Martelli mi abbia mai parlato dell’iniziativa del colonnello Mori del Ros di voler avviare contatti con Vito Ciancimino.
Ribadisco che, per quanto riguarda la mia responsabilità di ministro dell’Interno, nessuno mi parlò mai di possibili trattative con la mafia". Lo afferma il vicepresidente del Csm Nicola Mancino replicando alle dichiarazioni dell’ex ministro della Giustizia al processo al generale dei carabinieri Mario Mori in corso a Palermo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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