Le parole di un pubblico ministero di Brescia, Antonio Bassolino, che utilizzando la giustifica della cultura ha chiesto l'archiviazione della posizione di un uomo bengalese, denunciato da sua moglie per maltrattamenti in famiglia, hanno suscitato scalpore. Non poteva essere altrimenti in un Paese civile. Già in aula, il gip aveva rigettato la richiesta di archiviazione e chiesto l'imputazione per l'uomo, mentre nelle ore successive è arrivata la presa di distanze da parte della procura di appartenenza. Ora, dopo la protesta bipartisan da parte della politica, è stata avanzata la richiesta di un fascicolo da parte del Csm nei confronti del pubblico ministero.
A depositare formale richiesta al Csm è stato il consigliere laico Enrico Aimi, esponente di Forza Italia, presidente della prima commissione del Consiglio, che chiede di valutare la condotta del magistrato "per la gravità delle asserzioni del pm che parrebbe giustificare, se non autorizzare, la violenza domestica". Nell'istanza prodotta da Aimi si sottolinea come tale condotta "è assolutamente inaccettabile, soprattutto in questo momento storico in cui assistiamo quotidianamente a forme di sopruso e maltrattamenti a danno di donne". Gli "alibi 'culturali' non devono trovare ospitalità nel nostro ordinamento perché rappresentano una inaccettabile e ingiustificabile forma di relativismo giuridico", ha concluso Aimi.
Dalle parole del pm emerge quasi una corresponsabilità della donna nei maltrattamenti, perché la stessa "aveva persino accettato in origine", contraendo matrimonio con quell'uomo, quella cultura, della quale la disparità tra uomo e donna è parte. Questa è la portata delle parole del pubblico ministero, secondo il quale "i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell'odierno imputato sono il frutto dell'impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge".
Da parte dell'Associazione nazionale magistrati, controcorrente rispetto alle reazioni di politica e procura, è arrivato un salvagente per il pm: "Con queste modalità è stata gravemente minata innanzitutto la dignità umana e professionale del singolo magistrato coinvolto". Nella ricostruzione dell'Anm, infatti, "a fondamento della domanda di assoluzione il sostituto procuratore ha addotto principalmente la mancanza di prova del fatto tipico, e in particolare dell'abitualità della condotta, requisito previsto dalla legge perché il reato di maltrattamenti si configuri".
Di diverso avviso il ministro della Giustizia, Carlo Nordio: "Premesso che è solo una requisitoria e non una sentenza, sarebbe una posizione inaccettabile. La legge è uguale per tutti nel nostro sistema e l'ignoranza della legge non va scusata".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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