«Maledetti albanesi», ma uccide un italiano

Vanni Zagnoli

da Rimini

Ha ucciso l'uomo sbagliato e ridotto in fin di vita l'albanese cui dava la caccia da tempo, perché non sopportava che continuasse a importunare la sua ex ragazza, di 25 anni. Una guardia giurata napoletana, Giovanni Maria Borrelli, 26 anni, ha ammazzato un muratore messinese, Antonino Geraci, e ferito in maniera gravissima Erjon Ciko, altro 26enne.
Da un mese aveva nel mirino l'albanese, sollecitato dalla ragazza che voleva soltanto essere lasciata in pace. Giovanni Maria Borrelli aveva avuto una storia con lei: era finita, ma erano rimasti molto legati. Lei per qualche settimana aveva accettato di uscire con quel muratore albanese, poi aveva preferito non proseguire la relazione. È stato a quel punto che Erjon Ciko ha cominciato a importunarla. «Mi mandava sms in continuazione - ha confermato ai carabinieri -. Per me stava diventando un incubo e perciò avevo avvertito Giovanni».
Chissà, magari il giovane napoletano la voleva riconquistare, mutando la semplice amicizia in una relazione stabile. Fatto sta che mercoledì sera non ha voluto guardare la partita dell'Italia, nella casa di Marina Centro, a Rimini, dove vive con la sorella e i genitori che da 3-4 anni hanno lasciato Napoli, assieme a lui. È sceso in strada con lo scooter, armato della pistola della Coopservice (la cooperativa che in Emilia Romagna è leader nel settore della vigilanza e delle pulizie), di coltello e martello. Aveva dato appuntamento a Ciko in viale Regina Elena, parallela al lungomare. Erano le 22 e in strada c'era parecchia gente. A decine sono fuggiti temendo di essere raggiunti da colpi di pistola. Erjon era in piedi davanti a una Golf. Parlava al telefonino proprio con la ragazza con cui voleva mettersi insieme. «Quando arriva il tuo amico? È in ritardo». Neanche il tempo di finire la frase che Giovanni Maria Borrelli è arrivato, fuori di sé.
Nessuna spiegazione, solo la voglia di ucciderlo. «L'ho riconosciuto dall'accento - ha detto negli interrogatori - e l'ho colpito con una martellata in testa. Lui però mi si è gettato addosso. Allora ho sparato quattro colpi. Una volta a terra l'ho preso a calci. Poi sono andato vicino alla macchina e ho fatto fuoco un'altra volta».
Al volante c'era Geraci, del tutto incolpevole e morto in pochi secondi. Borrelli pensava che fosse un altro albanese, un complice del molestatore telefonico della ragazza. Era un semplice collega di Ciko, che aveva accettato di accompagnarlo. Dalla Sicilia Geraci era venuto a lavorare con un'impresa edile, proprio di Milazzo, in Romagna come muratore. Dalle tracce di sangue e dalla distribuzione dei bossoli si intuisce che il muratore abbia tentato di fuggire, eppure Borrelli lo ha colpito fino all'ultimo proiettile. L'omicida era convinto di avere ucciso entrambi e prima dell'arrivo degli agenti è entrato in una pizzeria lì vicino. Ha preso una bottiglietta d'acqua e si è un po' ripulito dal sangue, dopo avere gettato a terra coltello, martello e pistola. Non ha opposto resistenza alle manette. Anzi, tronfio e folle, ha sentenziato: «Ho fatto il mio dovere, uccidendo due albanesi. Se non ci fosse gente come me, questi chissà questi cosa continuerebbero a fare».
Gli albanesi per lui erano diventati un chiodo fisso, non li sopportava e aveva deciso di avviare questa sorta di personalissima pulizia etnica. Ora è in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e tentato omicidio.


Erjon Ciko, che aveva un regolare permesso di soggiorno, è ricoverato all'ospedale degli Infermi, a Rimini. L'hanno operato mercoledì notte, per diverse ore, al torace e all'addome. È in prognosi riservata nel reparto di rianimazione ma ci sono buone probabilità che riesca a salvarsi.

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