«È il mandante del mostro, processatelo»

Stefano Zurlo

A ventun anni dall’ultimo duplice delitto del mostro, avvenuto agli Scopeti nel settembre 1985, l’indagine «monstre» della Procura di Firenze raggiunge il terzo livello: il Pm Paolo Canessa chiede di portare a processo il farmacista di San Casciano Francesco Calamandrei, il dottore che avrebbe commissionato a Piero Pacciani i massacri di almeno cinque delle otto coppiette sterminate fra il 1968 e il 1985. Calamandrei era già stato tirato in ballo nel 1985 dall’ex moglie, ma le traballanti condizioni psichiche della signora avevano costretto la magistratura a gettare la spugna. Ora si ricomincia e si riparte dalle dichiarazioni di Giancarlo Lotti detto Katanga, uno dei tre compagni di merende condannati con sentenza definitiva per i massacri. Ricordate?
Quando l’indagine principale su Pacciani mostrò tutti i suoi limiti, la Procura di Firenze allargò il ventaglio degli indagati: si abbandonò la pista del serial killer solitario, anche se moltissimi elementi andavano in questa direzione, si puntò su un gruppo, il terzetto composto da Piero Pacciani detto Vampa, Mario Vanni detto Torsolo, e Giancarlo Lotti, Katanga appunto. Lotti, per intenderci, era il bersaglio fisso dei ragazzi del paese che lo deridevano invitandolo a precipitarsi al campo sportivo con lazzi del tipo: «Corri Lotti, che ci sono i marziani». Fu lui, trattato come un pentito, a confessare, sia pure in modo contorto, come sarebbero avvenuti alcuni degli omicidi (all’ultimo dei quali avrebbe assistito pure Fernando Pucci, curiosamente mai indagato). La costruzione accusatoria appare esile, ma ha retto in giudizio. E ora, si tenta il salto in avanti. Ad affollare la scena non bastava la cooperativa di mostri e vicemostri del contado fiorentino; no, ci voleva almeno un mandante. Eccolo.
Non solo, a complicare la già complessa macchina scenica ecco in parallelo il troncone umbro dell’indagine: qui tutto ruota intorno alla morte del medico Francesco Narducci, annegato nel Trasimeno a ottobre del 1985, un mese dopo la tragedia degli Scopeti. Per i Pm di Perugia, Narducci era colui che nascondeva i feticci. Negli ultimi tempi, il gastroenterologo aveva deciso di uscire da quell’incubo, ma una non meglio precisata e onnipotente setta intervenne togliendolo di mezzo e sostituendo fin troppo diabolicamente il corpo di Narducci con quello di un altro poveraccio, veramente affogato e dunque perfetto per sostenere la tesi della disgrazia. Copione, come dire, terribilmente accidentato. E francamente surreale.
Naturalmente, Calamandrei è sotto inchiesta pure per la morte di Narducci e così si trova al centro di una tenaglia stretta dalle Procure di Firenze e Perugia.

Lui nega ogni accusa e repica così alle terrificanti contestazioni: «Non ho mai conosciuto Francesco Narducci, Pacciani addirittura non l’ho mai visto perché abitava a Mercatale, Vanni era il postino e veniva in farmacia a prendere delle medicine, Lotti l’ho visto da lontano ma non ho mai parlato con lui». Lotti, morto come Pacciani, raccontò che agli Scopeti era presente anche l’auto del «dottore». Appunto Calamandrei.

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