Manifesti Br-Procure, l'autore non molla: "Sciopero della fame"

Il Pdl: Lassini ritiri la sua candidatura a Milano. Lui: "Non mi fate inc...". Però in serata apre uno spiraglio. I pm seguono la traccia dei soldi: per le affissioni 8mila euro di fatture ancora inevase

Manifesti Br-Procure, l'autore non molla: "Sciopero della fame"

Milano - E il cerino, alla fine, re­sta in mano proprio a lui. L’av­vocato Roberto Lassini, che si è assunto la paternità dei ma­nifesti anti-pm salvo poi fare qualche metro in retromar­cia, da ieri è un uomo (politi­co) più solo. Sotto inchiesta per vilipendio dell’ordine giu­diziario, e scaricato in blocco dal centrodestra. E in prima fi­la c’è il sindaco di Milano Leti­zia Moratti. «Manifesti ignobi­li, è meglio che si faccia da par­te». Perché Lassini è iscritto nella lista elettorale del Pdl. E il suo - ormai - è un nome che scotta.

L’avvocato ex Dc, però, non molla. «Non mi tiro indietro», tuona. Soprattutto, «non per­ché lo dice la Moratti, voglio parlare prima con Mantova­ni». Tempo un’ora e arriva la doccia fredda. Perché è pro­prio il coordinatore lombardo del Pdl a far sapere che un pas­so indietro «è opportuno». E tuttavia, «non essendo iscritto al Pdl- precisa il senatore- ver­so-Lassini non possiamo pren­dere provvedimenti di caratte­re politico». Non bastasse, Mantovani gli ricorda che quel passo indietro «lo hanno chiesto il sindaco Moratti, il ministro della Difesa, il mini­stro della Giustizia, il ministro dell’Interno e glielo chiedia­mo anche noi ufficialmente». Quanto al fatto che da ieri Las­sini sia anche indagato, il coor­dinatore ricorda come contro il presidente del Consiglio si si­ano visti «manifesti più offen­sivi», senza che alcuna Procu­ra abbia battuto colpo. «Mi au­guro dunque che le indagini si­ano a 360 gradi, e non solo ri­volte in una direzione». Ma il centrodestra si trova con la pa­tata bollente in mano. E, bufe­ra nella bufera, in consiglio co­munale l’opposizione si pre­senta con manifesti che dipin­gono l’avvocato come «la ver­gogna di Milano».

E Lassini che fa? Protesta, scalpita, s’incazza. E occhio che «se mi incazzo facciamo la lista degli inquisiti in Parla­mento», e poi «avete sentito cos’ha detto Asor Rosa, lui mi­ca è stato indagato», perciò «arrestateci tutti» e «vado a fa­re lo sciopero della fame da­vanti a San Vittore». Opzione drastica assai,dato che l’accu­sa per cui è sotto inchiesta gli può valere al massimo una condanna a 5mila euro di mul­ta. Ma la martellante moral suasion del partito non basta, né lo smuove l’intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano («Sono esterrefatto per le parole del Capo dello Stato, ma non la­scio»). L’avvocato tira dritto. «Non rinuncio alla mia candi­datura». Il dado è tratto. Forse. Perché «questa sera (ieri, ndr ) devo incontrare alcune perso­ne. Valuterò con serenità e prenderò una decisione». Il nodo politico, dunque, non è ancora sciolto. Senza contare quello giudiziario.

Perché da ieri nel fascicolo aperto dal procuratore aggiun­to Armando Spataro gli inda­gati sono diventati tre (con l’aggiunta proprio di Lassini,e anche per il manifesto «Toghe rosse, ingiustizia per tutti»), al magistrato ne sono stati affian­cati altri due (i pm Grazia Pra­della e Ferdinando Pomarici), e gli inquirenti non intendono mollare la presa. Obiettivo, la regia dell’operazione-manife­sti. Non è un caso, infatti, che ai responsabili della «Bergo­mi& Falcone srl», nota società che opera nell’organizzazio­ne di campagne elettorali (sia a destra che a sinistra), Spata­ro abbia subito chiesto una co­sa. Chi ha pagato? Ecco una pi­sta: risalire attraverso i bonifi­c­i bancari la catena della com­mittenza.

Secondo quanto risulta al Giornale , le fatture della «Ber­gomi& Falcone» - che spiega di non avere alcuna paternità per lo slogan «Via le Br dalle Procure» - sono inevase. Ma la richiesta, almeno inizialmen­te, sarebbe arrivata proprio dall’«Associazione dalla parte della democrazia». Una cam­pagna di comunicazione in tre fasi. La prima: a febbraio, con l’affissione di cartelloni az­zurri con la scritta «Forza Sil­vio ». Costo, oltre 5mila euro. A marzo, con gli slogan: «Volete cacciare Berlusconi? Vincete le elezioni» (800 euro).

Ad apri­le, con i primi manifesti su sfondo rosso (circa 2.500 eu­ro). È seguendo la traccia dei soldi che la Procura sta pro­vando a capire se ci sia qual­cun altro dietro Lassini. Maga­ri, ai piani alti del partito.

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