Manovra e intercettazioni, il premier accelera

Berlusconi, dopo l’incontro con Napolitano e il summit a Palazzo Grazioli con i vertici Pdl, avverte i suoi: "Potete discutere quanto volete, ma chi vota contro i provvedimenti economici è fuori dal partito". Manovra, tutte le novità: una stangata per le assicurazioni

Manovra e intercettazioni, il premier accelera

Roma - La colazione gli va di traverso di buon ora, quando dal Colle arrivano le prime avvisaglie dell’ira di Napolitano per la prima pagina de il Giornale che titola sui misteri dell’immunità totale chiesta dai senatori del Pd per il presidente della Repubblica. E anche il pranzo non è indolore, tra le notizie della rissa alla Camera che coinvolge un gruppo di deputati del Pdl e la protesta dei terremotati abruzzesi che arrivano a manifestare fin sotto Palazzo Grazioli. Insomma, ci vorrebbe ben più d’un digestivo per far tornare il buon umore al Cavaliere in una giornata che difficilmente poteva iniziare peggio. Così durante la riunione del Consiglio supremo di difesa - presenti i ministri La Russa, Maroni, Frattini e Romani - Berlusconi prende decisamente le distanze. «Non so davvero cosa fare - dice il premier a Napolitano - perché non è la prima volta che per me il Giornale è un problema. Purtroppo non lo si riesce a vendere».

Parole che forse allentano un pizzico la tensione, ma non certo quanto avrebbe voluto il Cavaliere che da giorni - anche grazie ai soliti uffici di Letta - sta cercando di riallacciare un filo con il Quirinale. Prima con il passo indietro su Brancher e poi con il tentativo di coinvolgere il più possibile gli uffici legislativi del Colle prima di ritoccare il ddl intercettazioni. Insomma, anche se rientrando a via del Plebiscito Berlusconi assicura che l’incontro è andato «benissimo», un po’ di tensione rimane.È anche per questo che durante la riunione a Palazzo Grazioli con i vertici del Pdl il premier raccomanda più volte di «tenere in grande considerazione» i suggerimenti del Colle sul ddl intercettazioni. Una pratica, spiega ai presenti, da chiudere al più presto.

Dopo il caso Brancher e la decisa accelerazione sulla manovra, Berlusconi vorrebbe portare a casa il voto sul provvedimento prima dell’estate. Almeno alla Camera. Così da evitare di tornare dalla pausa estiva ed essere alle prese con le beghe di sempre. E quindi, spiega, «siamo aperti alle richieste del Colle e a quelle dei magistrati» ma nessun cambio sulle sanzioni agli editori perché «la privacy va difesa». Un Cavaliere deciso ad accelerare su tutti i fronti e convinto sia arrivato il momento di dare una sterzata anche all’azione di governo. Sulla manovra, per esempio, è completamente cambiato l’approccio. Perché se da una parte il premier ha imposto a Tremonti una serie di modifiche, dall’altra - al di là delle incomprensioni che ci sono state - insiste nel voler dare un’immagine esterna di compattezza. Non è un caso che ieri la notizia della doppia fiducia sulla manovra (alla Camera e al Senato) sia stata affidata a una nota congiunta Berlusconi-Tremonti. Sul punto il premier è netto: dentro questa stanza si può anche discutere, ma d’ora in poi davanti all’opinione pubblica dobbiamo presentarci uniti. Ed è proprio in questa direzione che va la decisione di istituire una sorta di coordinamento del Pdl che si occupi delle varie fondazioni, per far sì che si occupino di iniziative culturali o editoriali ma senza diventare correnti che si discostano dalla linea del partito.

Da qui al caso Fini il passo sarebbe breve, ma i presenti giurano che del presidente della Camera nel corso della riunione non si parla. Il che, per molti versi, potrebbe essere la certificazione che per Berlusconi il caso è chiuso. Nel senso, ovviamente, di un rapporto che non è più in alcun modo recuperabile. Il Cavaliere attende il redde rationem, ma senza fretta. Insomma, la strategia è quella dell’isolamento totale dei finiani in attesa di voti che verranno, sulla manovra ma pure sul ddl intercettazioni.

A quel punto, il primo che sgarra è fuori senza troppi complimenti.

Insomma, chi vota in dissenso rispetto a provvedimenti che sono nel programma di governo e che hanno avuto il via libera degli organi del Pdl sarà accompagnato alla porta con tanto di votazione formale. Secondo quella burocrazia interna al partito - chiosa un ministro presente ieri - che tanto piace a Fini.

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