Il mare, una donna, tre uomini e l'eco lontana del G8 di Genova: ritratto di una generazione

La contraddizione amorosa e ideologica di un intero "tipo" umano

Il mare, una donna, tre uomini e l'eco lontana del G8 di Genova: ritratto di una generazione

Estate del 2001. Per fuggire il caldo, tre amici romani partono per il mare, destinazione la festa di compleanno di una cugina. Gli eroi di Francesco Pecoraro in Solo vera è l'estate (Ponte alle Grazie, pagg. 198, euro 16) hanno trent'anni, sono «di sinistra» e hanno frequentato lo stesso liceo simbolo della borghesia progressista, il Mamiani, ma a differenza dei loro ex compagni di classe non sono pesci in barile e la stabilizzazione professionale è un miraggio. Giacomo ha vinto il concorso per il dottorato in filosofia, ma il futuro è un'incognita; Enzo galleggia facendo il grafico; Filippo ripara biciclette. L'automobile, una Yaris che fa subito nuovo millennio, è diretta a Lavinio ed è un prestito di Biba, l'attraente compagna di Giacomo. A un occhio attento, i sedili della vettura rivelano piccole ma non trascurabili macchie costituite dai liquidi organici di GEF - questo il nome collettivo con cui la ragazza chiama i suoi amanti - ma Biba è assente, in viaggio con le amiche.

Dopo una cena a base di pesce in un ristorante in cui si discute dei massimi sistemi badando a non prendersi sul serio, giunti alla festa, per i tre si apre la prospettiva di rimorchiare. Difficile definire GEF: non sono i centauri di Fellini sulla Cristoforo Colombo e rassomigliano poco anche ai ricchi e coltissimi intellettuali che in Fratelli d'Italia di Arbasino cercavano scampo all'afa capitolina mangiando un piatto di spaghetti con le telline a Ostia. Forse per inquadrarli bisogna partire proprio da Biba: la sua lontananza e «scarsità» ne allegorizza un'altra, quella della politica. Nel 2001 non c'era già abbastanza politica per tutti e quella disponibile aveva iniziato a dividersi in particelle sempre più inerti: ecologismo, terzomondismo... Quando giungono le allarmanti notizie dal G8 di Genova, si lascia intendere che il movimento no-global è così generico da non essere plausibile; peggio ancora, ventilando una sorta di «bene» qualunque, ad esso lo Stato contrapporrà un solo argomento, altrettanto universale: la violenza più cieca.

Spaccato di una precisa classe sociale di impressionante vividezza (il capitolo sulla festa a Lavinio, con il suo disperato marasma alcolico, costituisce un vertice della prosa di Pecoraro e resterà a lungo nella memoria dei lettori: davvero qui il paesaggio, la psicologia e la società si fondono in una sola, emblematica entelechia), Solo vera è l'estate indaga la contraddizione amorosa e

ideologica di un tipo umano riconoscibilissimo, di cui mette a nudo la radice incerta e l'orizzonte tragico. Cesare Pavese, in fondo, si era ucciso perché finito nella medesima morsa, il fallimento politico e sentimentale.

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