Maroni: «Si sono svegliati tardi»

«Sulla legge Biagi e sull’occupazione Confindustria adesso si mostra d’accordo con noi. Poteva dirlo prima del voto»

Antonio Signorini

da Roma

La questione settentrionale così come è stata evocata da Montezemolo? Solo un modo per criticare il governo Berlusconi. Gli umori degli imprenditori del Nord sono altri: il timore per gli aumenti delle tasse annunciati da Vincenzo Visco. E anche il disagio per una Confindustria sempre più «spostata e radicata» a sinistra. A Roberto Maroni, capogruppo della Lega Nord ed ex ministro del Welfare, non è piaciuta la relazione del presidente degli industriali. Con una sola eccezione. «Siamo rimasti sorpresi dalla difesa della Legge Biagi perché effettivamente Confindustria non aveva mai posto questo tema con così tanta forza e rilevanza. Ma mi è sembrato l’unico fatto positivo del discorso di Montezemolo, per il resto non è stata una relazione di grandissimo equilibrio. Mi è sembrata piuttosto un sostegno a questo governo».
Si riferisce alle omissioni di cui ha parlato a caldo il giorno dell’assemblea?
«In particolare a quella sulla minaccia della sinistra di modificare la riforma previdenziale. Di questo Montezemolo non ha parlato. Per cinque anni Confindustria ci ha sollecitato sulle pensioni, sul fatto che la nostra riforma era debole e che serviva più coraggio. Di fronte alle dichiarazioni dei ministri che hanno annunciato modifiche, c’è stato silenzio. Per il resto tante cose già sentite e anche un po’ di ipocrisia, come quando ha rivendicato l’autonomia di Confindustria, che non mi pare sia stata garantita negli anni di Montezemolo».
Nessun altro elemento positivo nella relazione?
«La lettura dei dati dell’occupazione, il fatto di non legare la legge Biagi alla precarizzazione. Certo, sono cose che noi diciamo da sei mesi cercando di smentire la sinistra, ma Confindustria è sempre stata zitta. Non è bello che si sia svegliata solo ora, avrebbero potuto dirlo nel pieno della polemica».
Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani ha parlato di una frattura tra il vertice e la base di Confindustria...
«Sì, ma le conclusioni di Epifani sono opposte rispetto alle mie. Lui dice che la base è più arretrata rispetto alla guida di Confindustria, in realtà sono i vertici che sono più a sinistra rispetto alla base. Non è una questione di arretratezza. Quando la base ha tributato quell’ovazione a Gianni Letta, e tramite lui a Silvio Berlusconi e al suo governo, non ha manifestato arretratezza. Ieri ho parlato con numerosi imprenditori, anche importanti, tutti scoraggiati e avviliti per come è stato gestito il rinnovo delle cariche, con liste bloccate. Questo spostamento e radicamento a sinistra loro sostengono che non è condiviso dalla base».
Montezemolo ha chiesto ai sindacati di trovare un’intesa sulla contrattazione. Pensa sia possibile un accordo?
«Non credo. Montezemolo ci ha già provato all’inizio del suo mandato e il tavolo è durato 15 minuti. Non ci riusciranno anche perché alla Cisl non c’è più Pezzotta. Prima che Raffaele Bonanni riesca a impegnarsi in una battaglia così importante ce ne vorrà di tempo, visto che il peso della Cgil con questo governo è enormemente aumentato».
Il fatto che Montezemolo abbia parlato di una questione settentrionale non è un po’ una vittoria del suo partito?
«Mi sarebbe piaciuto se non mi fosse sembrato un modo per criticare il governo Berlusconi. È un po’ singolare che si protesti per il passante di Mestre senza dire che noi abbiamo iniziato a farlo. Singolare che si protesti perché la Pedemontana non viene fatta senza dire che chi non la fa sono quelle Autostrade il cui azionista di maggioranza è un imprenditore.

Vogliono sapere cos’è la questione settentrionale? Gli accenni fatti da Vincenzo Visco (viceministro all’Economica, ndr.) all’aumento della pressione fiscale. Oppure quando Prodi dice che il Nord deve contribuire. Cose che fanno venire un brivido lungo la schiena a migliaia di imprenditori del Nord. Questa è la questione settentrionale».

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