Maroni: "Subito nuovi agenti". E il patto per Milano è servito

Arrivano i 370 uomini che Prodi aveva solo promesso. Dopo i poteri speciali sui nomadi sarà così rispettato l’accordo anti-criminalità

Finalmente, il patto è servito. Milano avrà gli agenti che l’ex governo Prodi aveva solo promesso. Lo garantisce Roberto Maroni: «Diamo piena attuazione immediata al patto sulla sicurezza sottoscritto dall’allora sottosegretario Minniti, in particolare per quel che riguarda l’invio di nuovi uomini delle forze dell’ordine». Che, in concreto, significa l’arrivo di trecentosettanta uomini sul territorio, mentre l’ex esecutivo su cinquecento agenti necessari ne aveva inviati solamente centotrenta.
Risposta del ministro dell’Interno, «dopo aver già attuato l’articolo due del patto, ovvero la nomina del prefetto a commissario all’emergenza nomadi». Impegno preso da Maroni che su rom e clandestini non fa sconti, «il principio è garantire la legalità dei comportamenti, basta con le zone franche e se ci sono illegalità verranno rimosse». Parole che pesano, che sono una garanzia per i milanesi - «i nomadi cittadini italiani abbiano i servizi e paghino le tasse», quelli senza requisiti siano espulsi - e che raccolgono l’applauso delle istituzioni perché, adesso, già in poche settimane la «musica è cambiata» e non c’è più il rischio di dover imitare Giuliano Amato che da ministro dell’Interno dovette riconoscere l’«insoddisfazione per come è affrontato il tema della sicurezza».
«Maroni è sempre attento ai problemi di Milano» commenta Letizia Moratti, che si dice «soddisfatta di questo governo». Valutazione del sindaco di Milano - che al prefetto ha consegnato «il primo censimento sugli insediamenti rom» - sottoscritta da Roberto Formigoni che «assicura l’impegno a sostenere con un milione di euro i nuovi compiti del prefetto e mette a disposizione personale e supporto tecnico-informatico». Sostegno del presidente della Regione Lombardia che, tra l’altro, chiosa l’assessore Massimo Ponzoni «eroga contributi pro sicurezza a tutti gli enti locali che li richiedono per dotarsi di nuovi mezzi e impianti di videosorveglianza». Contributi «non a pioggia» che si accompagnano all’appoggio dei militari alle forze dell’ordine - sotto il controllo del ministro dell’Interno e quindi sotto quello dei prefetti -, mentre Filippo Penati reclama «l’integrazione dell’organico della Croce rossa e dei vigili del fuoco» e ricorda che «il problema sicurezza non si risolve con misure emergenziali».
Riferimento del presidente della Provincia all’uso dell’esercito sul territorio milanese, «aree a rischio» che continua Penati potrebbero essere presidiate da «volontari civili da affiancare ai vigili urbani». Proposta che però deve essere ancora messa nero su bianco, «tutto quello che va nella direzione di una maggiore sicurezza per i cittadini è benvenuto, ma mi aspetto che Penati formalizza la sua proposta» commenta il ministro Maroni. Proposta che, chiosa Riccardo De Corato, «il Comune di Milano già attua da un anno e passa con la collaborazione di associazioni come City Angels e Blue Berets». Naturalmente, osserva il vicesindaco «per contrastare la criminalità, c’è bisogno della presenza degli uomini: concetto che la sinistra non capisce». Come dire: «La gente ha paura dei delinquenti e non dei soldati».


Certezza che spinge il numero due dell’amministrazione comunale a suggerire a Di Pietro, Veltroni e ai «soloni» milanesi del centrosinistra un giro per le periferie di Baggio, di Quarto Oggiaro o del Corvetto: «Lì, tra la gente, a chiedere se vogliono i soldati oppure no... ».

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