Marsalis: coi Berliner una «Sinfonia swing»

Wynton Marsalis è un trombettista fenomenale. Unico Premio Pulitzer per il jazz, ha vinto nove Grammy Award, il Time l’ha posto fra le 25 persone più influenti d’America, ha suonato alla Casa Bianca l’indomani dell’elezione di Obama. È un vulcano inarrestabile Marsalis, di New Orleans, classe 1961, nato trombettista classico, passato al jazz divenendone l’icona. Il direttore d’orchestra Simon Rattle gli ha commissionato un pezzo per la sua orchestra, nientemeno che i Berliner Philharmoniker, il complesso considerato fra i cinque migliori al mondo. L’appuntamento con la Swing Symphony, questo il titolo del lavoro, è per il 9 (10, 12 e 13) giugno, a Berlino. «In questi mesi ho scritto senza sosta, anche in auto. Questa è una composizione molto impegnativa, in sei movimenti, pensata per i Berliner che suoneranno con la mia Big Band».
E sul podio ci sarà Rattle. «Conosco da tempo Simon, ma è la prima volta che collaboriamo», spiega Marsalis. Da artista con tutti i crismi ama esplorare diversi percorsi musical. E capita che ammetta di non conoscere granché la musica araba, ma poi lo ritrovi in sala da concerto ad ascoltare l’iracheno Naseer Shamma, il guru dell’oud (sorta di liuto). Finito il concerto, va dritto in camerino e vuole incontrare Shamma, inizia una discussione a tema musicale che finisce alle tre del mattino. La sera, durante il concerto, Marsalis chiama Shamma sul palco per una pubblica improvvisazione. È accaduto ad Abu Dhabi, nel corso del festival Admaf che ha segnato la prima apparizione di Marsalis in Medioriente. «Mi affascina la musica araba, credo che trarrò ispirazione per future composizioni», anticipa.
Costituiranno, invece, una sorta di ripasso della storia del jazz, da Jelly Roll Morton in su, i concerti del 17, 18 e 20 giugno al Barbican Centre di Londra. È la prima «International residency series» di Marsalis a Londra. Un progetto ambizioso, fatto di concerti, lezioni, laboratori. Perché Londra per questo debutto europeo? «Perché è una città ricca di jazz club, cosmopolita, con una grande storia». E che dire dell’Italia? «Che è eccezionalmente colorata, ha una cucina eccellente, belle città, bella gente e, in particolare, belle donne». Quanto al jazz, fra i suoi prediletti, Marsalis cita Stefano Di Battista e Francesco Cafiso, il giovanotto ora ventenne da lui scoperto e lanciato. Poi c'è l’Italia del teatro d’opera, e lui ama visceralmente Puccini. «Da tempo penso di comporre un’opera. Mi piace occuparmi di tante cose. Sono cresciuto lavorando tutto il giorno». Un dinamismo che contagia la sua band: pare un’allegra brigata la Jalc: si scherza, si fanno battute, anche dopo l’ennesima volta che il capo chiede di ripetere lo stesso passo.

È un leader ma non è accentratore, quando catalizza troppa attenzione chiama a sé i compagni e divide i meriti, «siamo una famiglia, e loro sono i miei fratelloni». Il pupillo è Victor Goines, clarinettista, amico dai tempi dell’asilo, pronto a decantare le abilità del capo: da vero pr.

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