Maxi frode fiscale da mezzo miliardo: 40 indagati e 13 arresti

Indagine della guardia di finanza: attraverso società di facciata venivano realizzate fatture false per evadere le imposte. Sequestrati 63 conti correnti, orologi di lusso, lingotti d'argento, abitazioni e terreni

Sono 13 le persone arrestate nell'ambito dell'inchiesta della Guardia di finanza a carico di 40 indagati, che ha smantellato un sistema di frode fiscale stimata in 500 milioni di euro, operante dal 2003 a oggi nel settore del commercio. In carcere sono finiti 6 rappresentanti legali di altrettante «cartiere», società in realtà inattive e dedite invece alla mera, illecita produzione di fatture false per conto di altre società che commerciavano in nero. Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e al reimpiego dei capitali frodati. Il gip Maria Vicidomini ha invece disposto gli arresti domiciliari per i loro collaboratori, incaricati di ritirare i contanti pagati via bonifico dai loro clienti, 22 società attive invece nel commercio di rottami metallici. Mentre per altri 6 indagati è stato disposto l'obbligo di firma. In base a quanto ricostruito dalla Guardia di finanza, coordinata dal pubblico ministero Bruna Albertini, gli amministratori delle cartiere muovevano ogni giorno circa 250mila euro aiutando i clienti a evadere il fisco per cifre importanti a fronte di una documentazione contabile a prima vista regolare, con un profitto tra il 2 e l'8 per cento. Secondo i finanzieri, il sistema adottato per evadere le tasse era semplice, ma complesso da scoprire. In sostanza, la società cliente acquistava in nero materiale di risulta da società che lavorano il ferro o il rame producendo scarti ingenti. L'acquirente liberava così l'imprenditore dello scarto, garantendogli denaro in contante, senza nessun documento giustificativo dell'acquisto. A questo punto entravano in gioco le cartiere, che realizzavano una fattura e un documento di trasporto falsi fornendo la copertura contabile alla società cliente. Successivamente quest'ultima vendeva il materiale alle fonderie a prezzi di mercato secondo quanto stabilito dalla borsa di Londra con regolare fattura, realizzando un profitto illecito tra il 10 e il 15 per cento rispetto al nero. E solo a questo punto pagava davvero il materiale acquistato dalle prime società, tramite bonifici versati alle cartiere, che ritiravano i contanti in posta o in banca e li giravano ai destinatari, dopo aver trattenuto per sé la percentuale pattuita, tra il 2 e l'8 per cento. L'inchiesta, partita da una serie di segnalazioni da parte di alcuni istituti di credito, ha permesso di scoprire che il business aveva coinvolto 6 cartiere, intestate a pregiudicati tutti imparentati tra loro che guadagnavano circa 25mila euro al mese a fronti di dichiarazioni di redditi ridicole. Sono invece 22 le società clienti coinvolte, operanti in Lombardia, a Milano, Rho, Magenta e Legnano, oltre che in Veneto e Liguria.

In occasione degli arresti, i finanzieri hanno sequestrato 63 conti correnti per 2,1 milioni di euro, 1,4 milioni in contanti, orologi di lusso, lingotti d'argento per 3 chili, 11 auto tra cui un'Audi A8 con un doppio fondo idraulico, un autolavaggio, due abitazioni, due terreni e due box.

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