Il maestro ha i baffi quasi bianchi e le rughe intorno agli occhi. Qualche volta assomiglia a un vecchio papà. La ragazza ha poco più di vent’anni e un piercing al capezzolo sinistro, una barretta d’argento e due piccole sfere. Questa volta lei si è svegliata presto e ha corso più veloce del mattino. Il maestro si chiama Alberto Castagnetti e per mestiere costruisce campioni. La ragazza è Federica Pellegrini e pensa che il mondo sia più grande di una piscina.
L’oro di Pechino è il romanzo di due stagioni diverse. Lei perde e dice: «Ma come si fa a nuotare la mattina? Non ci sono abituata». Lui risponde: «Tutte scuse». Lei vince e grida: «L’oro? Lo dedico solo a me». Lui le ricorda: «Come mai hai vinto alle 10 del mattino?».
Chi sta con lui dice: non ha la testa. Chi sta con lei replica: nei 400 ha perso perché il tecnico ha sbagliato tattica. Ma lei, la ragazza, sa che il maestro in acqua ha sempre ragione. E lui, il maestro, sa che il talento è fatto con la stessa sostanza dei sogni. È fragile, mutevole e dura poco, come una notte d’estate, come una tempesta.
Ne ha visti tanti, troppi, affondare senza pietà. Ha visto i record di Lamberti non diventare mai oro e il cuore di Brembilla e Rosolino invecchiare. Ha sentito il pianto della Manaudou, che solo ieri era una stella. Il maestro difende Federica, come una bambola di porcellana, troppo leggera per quella cosa che chiamano vita. Il maestro è vecchio e vuole che il tempo si fermi. Quando parla della ragazza dice che è «più piccola di quello che pensa, insicura nonostante gli atteggiamenti da donna vissuta, ma molto dolce».
Federica sotto il costume porta i suoi vent’anni e pensa che il maestro rompe, s’intrufola, mette il naso nelle lenzuola altrui. Federica non è Michael Phelps. Non è una serial killer di medaglie. Non vive con l’ossessione di strappare i baffi a Mark Spitz. Non è una che non sbaglia mai. Quando parlano di Phelps dicono: «È il primo uomo su Marte». Federica no, non vuole le squame verdi sul corpo e le antennine in testa. Federica non è una marziana. È una donna, che per mestiere nuota. È una che s’innamora in silenzio di un ragazzo siciliano che, purtroppo, sta con un’altra. E l’altra non è una qualsiasi, ma quella francese antipatica che la batte in piscina e quando vince disegna con le mani cuoricini melensi. Federica si accontenta e come tante ragazze dice: «Marin? È solo un amico». E intanto spera che i due si lascino. La francesina, teorizza, è poco seria e poi non fa per lui. Aspetta un anno e i sogni si avverano.
Federica ruba alla Manaudou l’amore e i record. E quando parte per Pechino dice che il sesso è un ottimo antistress: «Se lo faremo anche alle Olimpiadi? Sì, è sempre capitato. Non la notte prima della gara, ma gli altri giorni fa bene: scarichi la tensione».
È quando legge queste cose che il maestro trema, sbotta e sbraita. Come ti viene in testa d’innamorarti a vent’anni? E poi si giustifica: «Sto solo attento che non venga distratta da cose che non hanno a che fare con la piscina, ma lei mi dà retta solo in acqua. Fuori mai». Il maestro parla antico e saggio: «Adesso che la cosa sussiste non posso oppormi. Ma essere fidanzati tra atleti comporta distrazioni. Basta un litigio e il giorno dopo in acqua si affonda». Federica risponde: «Non rompere». E lui ancora: «So come sono i ventenni, ma io non mi adeguo. È lei che deve seguire quello che dico, anche se poi non lo fa». Federica fa la linguaccia, mostra i suoi tatuaggi e bacia Marin.
Quando esce dall’acqua sente gli applausi e gli sguardi sulla pelle del «dream team» del basket. Quando le dicono che Kobe Bryant vuole conoscerla se la cava così: «Non parlo inglese». Ma lui parla italiano. «Davvero? Ma no, no, lasciamo stare, altrimenti poi voi... E comunque il mio Luca in certe cose non ha rivali». Questa è la forza di Federica. È la sirenetta che trova il mare troppo stretto. Lì, al di là dell’acqua, c’è vita, carne, passione. Fischi e gelosia.
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