«Mi aveva visto» Ha confessato il killer dell’ex questore

L’assassino, un cuoco disoccupato, appena una settimana fa aveva già svaligiato l’appartamento della vittima

«Mi aveva visto» Ha confessato il killer dell’ex questore

Ferruccio Repetti

da Andora (Savona)

Quando ha capito che quell’uomo tanto più anziano di lui, ma pieno di energia, sarebbe riuscito a immobilizzarlo, a farlo arrestare, quando ha capito, insomma, che la sua intenzione - rubare in piena notte nell’appartamento dell’Hotel Residence di Andora, elegante dimora dell’ex questore Arrigo Molinari - stava per prendere una brutta piega, Luigi Verri non s’è fatto scrupoli: ha afferrato un coltello da cucina e ha colpito. Una, due volte. Alla gola, alla pancia. Molinari è stramazzato sul pavimento in un lago di sangue, è morto quasi subito. A 24 ore di distanza, è l’assassino a confessare i particolari al procuratore Vincenzo Scolastico e al sostituto Maria Chiara Paolucci, nel carcere Sant’Agostino di Savona. «Sono entrato in quella casa per rubare (sembra che volesse impadronirsi delle armi dell’ex questore, ndr) - si giustifica Verri -. Non avevo intenzione di uccidere». Poche parole pronunciate a mezza voce, nel pomeriggio di ieri, dopo i tentativi di allontanare i sospetti. Gli inquirenti, invece, sapevano ormai che la pista imboccata dopo qualche ora dall’omicidio era quella giusta. Troppe le contraddizioni, i precedenti - qualche litigio fra i due -, la mancanza di alibi che inchiodavano Verri, 43 anni, di Toirano, cuoco, ma senza occupazione fissa e soprattutto con un passato alquanto burrascoso.
Il racconto dell’omicida scioglie gli ultimi dubbi su un delitto che, considerata la personalità della vittima, aveva assunto subito contorni oscuri e, per molti versi, anche inquietanti: Arrigo Molinari, 73 anni, trovato cadavere la mattina di martedì dal figlio Carlo, era stato questore in Liguria e in Sardegna, ma soprattutto si era occupato, nell’arco di un trentennio, di alcune delle inchieste più delicate di criminalità comune, terrorismo, attentati, sequestri di persona. Il suo nome era finito nell’elenco degli affiliati alla loggia massonica P2. Da pensionato, Molinari aveva aperto uno studio legale e si era dedicato alla «crociata contro i soprusi delle banche». Logico esplorare tutte le circostanze che potessero portare a vendette personali. Le indagini, però, ben presto imboccano la pista del tentativo di furto finito in tragedia. La svolta si ha quando Verri, sentendosi braccato, si costituisce ammettendo di essere entrato nell’alloggio di Molinari, ma di averlo trovato già morto. «Mi sono arrampicato fino al primo piano - dichiara in un primo tempo al suo avvocato, Fabrizio Vincenzi -, ho rotto il vetro della finestra con un cric, ferendomi alla mano, sono entrato nella stanza e ho visto Molinari a terra, morto, in mezzo al sangue. Sono fuggito». Una versione che a poco a poco, sotto l’incalzare degli inquirenti, si sgretola. Verri ammette di aver «visitato» la casa dell’ex questore, mentre lui dormiva, il 21 settembre scorso, rubandogli circa 2mila euro in contanti e un libretto d’assegni; proprio uno di quegli assegni, da 100 euro, lo dà a un ex datore di lavoro in cambio di liquidità. Ma il giorno del delitto, il datore di lavoro riceve una telefonata dall’aiuto cuoco che gli chiede la restituzione del titolo di credito. «Messo di fronte a elementi di prova inconfutabili - rivela il procuratore capo Scolastico -, l’indagato ha dovuto ammettere il fatto.

Comunque verificheremo la sua versione, visti anche i rilievi effettuati dai carabinieri del Ris di Parma». L’impressione generale è che non ci sia bisogno di altri approfondimenti, se non sulla complessa personalità di Verri, da ieri ufficialmente accusato di omicidio.

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