Intanto non è bionda. E dal patrigno innamorato non si fa pitturare le unghiette dei piedi. Nessuno si azzardi pertanto a chiamarla Lolita: il suo nome è Jasira e, col primo spuntare dei segni del suo farsi donna, al fidanzato di mamma concede di lavorar di lametta là dove un costume sgambato la metterebbe a disagio in piscina. Non dona labito della Ninfetta a lei che merita il titolo di Beduina (Adelphi, pagg. 346, euro 18). Né è imparentata con ladolescente di Nabokov, seppure ci conviva, nella casa editrice adelphiana «più di quanto lo siano milioni di sue coetanee», dice la scrittrice egiziano-polacco-americana Alicia Erian.
Jasira, tredicenne, figlia di padre libanese e madre irlandese, delluno ha preso la carnagione, dellaltra sembra voler prendere il boy friend. La maldestra operazione le costa la cacciata dallo stato di New York, dalla madre gelosa e sessualmente inibita, e la partenza per il Texas dove, a Houston, laspetta un padre brutale e sessuofobo, etnicamente complessato e razzista, patriota americano per contrappasso che, dopo linvasione irachena del Kuwait espone la bandiera a stelle e strisce per mettere in chiaro nel vicinato le proprie posizioni. Ma «Beduino» resta agli occhi del vicino di casa, come «beduina» è Jasira per il ragazzino della porta accanto: il figlio di quel Mr. Vuoso che, riservista dellesercito, collezionista di annate di Playboy, impiega la teen ager come baby-sitter e si occupa - con generosa profusione personale pari a quella del padrino barbitonsore -, delleducazione sentimentale della minorenne.
Fa male diventare grandi, specie tra i venti di guerra che, sulle esperienze di Jasira, soffiavano dal Golfo nel 1991 del primo scontro con Saddam. Allora fu inventata la parola che definisce la protagonista: loriginale titolo di Towelhead ben reso dalla traduttrice Giuseppina Oneto con il somigliante, non letteralmente congruente, Beduina.
Che significa?
«È un neologismo inventato durante la prima guerra del Golfo per definire gli arabi americani. La prima volta lho sentito pronunciare contro mio fratello da un compagno di scuola. È parola offensiva, ma in Usa non tutti sanno che è un insulto. Neanche Jasira sa che significa, non trova il termine sul vocabolario e, più di ciò che vuol dire, la offende il tono con cui glielo si dice».
Confusione linguistica, culturale, sociale e ormonale sono tuttuno per la giovane beduina. Strategico che avesse 13 anni?
«È la protagonista del mio primo romanzo: che fosse tanto giovane rendeva tutto più semplice. Mi spaventava lidea di affrontare i pensieri di un adulto. Una ragazza spaurita e inesperta mi dava invece molti pretesti per fare dello humour».
E la sua storia - terribile - è divertente! Ci sono tutte le premesse per la denuncia e la provocazione: sul tema sociale, politico, e su quello delicato dellabuso sui minori. Eppure provoca la risata. Puntava sullimpegno o sullintrattenimento?
«Il romanzo fa piangere e fa ridere. Contavo molto sul divertimento: chi non si diverte, leggendolo, credo che non lo capisca. Lironia nasce dalla serietà dei personaggi, così rigidamente calati nel proprio ruolo».
Oggi Jasira avrebbe 27 anni. Come vivrebbe negli Usa della seconda guerra con lIrak?
«La vedo male nellAmerica di oggi. Ma più della sua sorte mi preoccupa quella di suo padre: se credesse ancora tanto caparbiamente nella guerra, spero proprio che lei non sia tanto stupida da dargli ragione».
Il personaggio è autobiografico?
«In qualche modo sì. Quando avevo 11 anni e mio fratello 9, la mamma ci mandò a trascorrere sette mesi a Houston, da mio padre: un uomo severo e fissato sul come le ragazze devono agire e apparire quanto il padre di Jasira. Lo temevo, avevo soggezione di lui. Fu terribile».
Lei ha fatto cinema: ha prodotto il lungometraggio tratto dai suoi racconti scritti dopo il romanzo, The Brutal Language of Love. Beduina sarà un film?
«Sì.
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