A Milano già 150 permessi per i profughi

Ben vestiti, piuttosto sbruffoni o, comunque, con l’atteggiamento di chi pensa che, caschi il mondo, qualcosa gli sia comunque dovuto. Non ce li immaginavamo certo così i profughi tunisini: chi viene dall’inferno non deve per forza strisciare, ma nemmeno pretendere. Eppure erano proprio questi i ragazzotti seduti ieri mattina all’ufficio immigrazione della questura di Milano, in via Montebello. Una quarantina in tutto, uno più uno meno. Quasi tutti provenienti da Torino. Sono stati invitati a fare richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari, un tesserino elettronico (e non cartaceo) che varrà sei mesi in tutta Europa.
Un super lavoro per i poliziotti dell’Immigrazione. «Per loro abbiamo adottato la procedura d’urgenza - racconta un assistente -. Fino a ora, contando anche quelli che passeranno di qui stamattina (ieri per chi legge) negli uffici di Milano ne saranno arrivati in tutto circa 140-150. Ma gli è stato riservato un trattamento di favore! Un esempio? Le pratiche che abbiamo fatto sabato sono state consegnate oggi...Più in fretta di così!».
Uno di loro, che avrà poco più di 20 anni, si pavoneggia per un po’ con i compagni. «La Croce Rossa ci ha dato anche le sigarette» dice euforico. E poi, mostrando del denaro che tiene in tasca, non riesce a trattenere lo stupore. E la soddisfazione di chi, probabilmente, non vedeva delle banconote da un bel po’. «Finalmente ho anche dei soldi» sbotta. Poi ci guarda e, davanti al nostro stupore, in un francese misto all’italiano spiega che noi, qui, non abbiamo idea di quello che hanno passato lui e la sua gente negli ultimi mesi.
Ma, gli chiediamo, il governo italiano ti ha trattato bene, no? «Sì, gli italiani buoni...Anzi» sorride mostrando i denti sulla faccia scavata e guardandosi intorno per avere un suggerimento linguistico che gli arriva dopo un po’ da un conoscente. «Gli italiani sono persone per bene, la polizia gentile, agréable» ripete più volte. E Milano? «Milano generosa - risponde - Ma io, loro...Noi abbiamo bisogno davvero, non è inventato». E quando lo dice, mentre indica due suoi connazionali, si mette una mano sul cuore per mostrare che non mente.
Certo molto peggio di lui e dei suoi compagni stavano i loro 17 connazionali trovati dai carabinieri ieri mattina alle 6 in un cascinale degradato di via Marconi a Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo. Luogo fatiscente, di proprietà di una famiglia del posto, più volte ispezionato durante le ricerche di Yara Gambirasio, al confine con Brembate Sopra (la via Marconi è una strada comune che separa i due paesi, ndr).

Giunti da Lampedusa a metà marzo al centro di accoglienza di Brindisi e poi fuggiti, in treno, fino a Milano e quindi a Bergamo, i tunisini - in pessime condizioni fisiche, affamati - dormivano su giacigli di paglia approssimativi. I militari li hanno identificati e poi sfamati.

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