Milano l'è on gran Milàn (ma solo da cento anni) L'anniversario snobbato

Tra Lorenteggio, Gorla e Niguarda: nel 1923 furono annessi 11 Comuni della cintura

Milan l'è on gran Milan, ma solo da 100 anni è... grande. E non se n'è accorto (quasi) nessuno. Con un provvedimento dell'allora sindaco Luigi Mangiagalli (in ossequio al regio decreto del 2 settembre firmato Vittorio Emanuele III) il 14 dicembre 1923 furono infatti aggregati alla città 11 Comuni intorno a Milano: Affori, Baggio, Chiaravalle Milanese, Crescenzago, Gorla-Precotto, Greco Milanese (che già nel 1904 aveva perso l'area di Loreto), Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno e Vigentino. Per quasi tutti l'annessione fu traumatica. Lorenteggio lasciò Corsico, Ronchetto sul Naviglio si staccò da Buccinasco, Triulzo Superiore si divise da San Donato e Morsenchio da Linate. La città aveva già 700mila abitanti in un territorio di appena 7.600 ettari, con le aggregazioni sarebbero diventati 818.148 in oltre 181 chilometri quadrati. Borghi ed ex comuni oggi sono diventati quartieri, anche se qualcuno è rimasto un po' sfilacciato dal tessuto urbano cittadino. Ma il 2023 segna anche il 150esimo anniversario del primo accorpamento, quello col Comune dei Corpi Santi, la fascia di territorio che si trovava al di fuori dei Bastioni Spagnoli e che prendeva il nome dai martiri cristiani sepolti fuori dalla mura urbane.

Secondo quanto si legge nel preambolo al Regio decreto le cittadine intorno a Milano stavano già «traendo vantaggio dalle favorevoli condizioni di vita offerte dalle sue fiorenti officine». Milano aveva pianificato l'edificazione di alcuni insediamenti nei territori limitrofi, come «gli impianti ferroviari a Lambrate, il grande collettore della fognatura in Vigentino, l'ippodromo in Trenno, il cimitero in Musocco, l'Ospedale dei contagiosi in Affori, l'aerodromo in Baggio». Dinamiche che, come si legge nel documento del tempo, avevano creato «inevitabili interferenze» tra Milano e i piccoli Comuni ma anche una opportunità win-win: Milano si allargava, le periferie ne traevano vantaggi in termini di servizi, trasporti e pubblica amministrazione, come ricorda il sito Urbanfile.

Perché questa ricorrenza è importante, eppure se ne parla pochissimo? «Per molti motivi», dice al Giornale Roberto Schena, giornalista autore del libro Milano il patrimonio dimenticato e del manifesto-appello di cui si è parlato lo scorso 14 dicembre al Comune in un evento dal titolo Dai borghi alla città, dalla città ai quartieri. «I milanesi non sanno che la loro città non ha un unico centro storico ma ben 13, tra l'altro spesso ricchi di bellezze artistiche e paesaggistiche davvero uniche, purtroppo poco considerate. Spero si colga l'occasione del doppio centenario per scoprirle». Mentre il Comune latita, sui social la ricorrenza viene ripresa da decine di siti, che propongono visite in Viale Certosa all'ex sede del Municipio di Musocco (Piazzale Santorre di Santarosa) o alla Gesa Veggia di Baggio, l'antica parrocchia centrale del paesino diventato borgo. Tutte periferie da riscoprire.

Nelle mappe del Catasto di Carlo VI dei primi decenni del 700, oltre alla tradizione suddivisione di Milano dentro le cosiddette Mura spagnole che ben conosciamo e che contava circa 185.000 abitanti nel 1816 - Montello, Pasubio, Monte Grappa, Monte Santo, Vittorio Veneto, Piave, Premuda, Monte Nero, Sabotino, Bligny, Col di Lana, Gorizia, Coni Zugna, San Michele del Carso - vi erano i cosiddetti Comuni Rurali rinominati Corpi Santi dalla riforma generale dello Stato del 1755. Era il Pomerio di epoca romana. I territori erano suddivisi in diversi settori, ossia quelli di Porta Comasina, Porta Nuova, Porta Orientale, Porta Romana, Porta Ticinese, Porta Vercellina; all'interno c'erano borghi come Calvairate, Portello, San Siro alla Vepra, San Pietro in Sala, Santa Maria alla Fontana, San Siro, Ghisolfa, Bovisa, Monluè, Barona, Gratosoglio, San Cristoforo e i Tre Ronchetti. Un territorio precedentemente amministrato a volte da enti religiosi, o da famiglie aristocratiche o da ricchi proprietari terrieri. Nel 1808 furono uniti dall'amministrazione napoleonica a Milano, poi riseparati dagli austriaci e infine riannessi alla città nel 1873, pieni di locande, mulini, osterie e fornaci ma anche villaggi, cascine, monasteri e molti campi coltivati, di cui oggi purtroppo è rimasta pochissima traccia. I circa 60mila abitanti dei Corpi Santi erano esonerati dal pagamenti dei dazi e non furono affatto contenti dell'annessione: per loro rimase in vigore una sorta di regime di dazi meno oneroso, che attirava nuove attività della rivoluzione industriale.

Qual è la sfida di oggi? Non avere una visione per la città significa oltraggiare mortalmente questo anniversario.

Milano è al centro di una nuova espansione, anche se i prezzi delle case alle stelle scoraggiano giovani e famiglie under 40; c'è da ripensare una mobilità che non sia fatta solo di divieti e Far West, come succede oggi nel regime ibrido tra monopattini e automobili; il rapporto tra centro è periferie va riscritto; dove non c'è degrado c'è l'oblio per i bellissimi borghi di un tempo; c'è da recuperare una toponomastica «storica» rispetto a quella attuale - tipo Citylife - anche per ridare dignità e orgoglio a quartieri dimenticati. Milano sarà una città di servizi? Solo turismo e B&B? Attirerà nuove imprese o aiuterà quelle storiche? Il dibattito è aperto, sempre che in Comune ci sia qualcuno disposto ad ascoltare.

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