Più di 440 espositori, di cui 358 italiani, iniziative, eventi e proposte provenienti dal mondo dei tessuti. Prende il via la decima edizione di "Milano Unica", il salone del tessile italiano ed europeo che fino a dopodomani animerà, con le collezioni primavera/estate 2011, le sale di Fieramilanocity. Un settore, quello del tessile, che è stato duramente colpito dalla crisi economica globale, ma che sta cercando di riemergere, recuperando «orgoglio e ambizione». Il 2009 è stato l’annus horribilis del tessile italiano: secondo le rilevazioni del centro studi di Sistema moda Italia (Smi), il comparto ha registrato un giro d’affari complessivo di 6,7 miliardi di euro, con un calo del 22,5% (un dato negativo che non ha precedenti). Malgrado ciò, il saldo della bilancia commerciale delle tessitura italiana è risultato positivo per quasi 2,3 miliardi di euro (in controtendenza con quelli pesantemente negativi registrati in tutti gli altri Paesi dell’Unione europea). Per il 2010, gli imprenditori del ramo sono ottimisti e attendono gli aiuti del governo. A questo proposito, il vice ministro allo Sviluppo economico, Adolfo Urso, presente all’inaugurazione, ha garantito che l’esecutivo di cui fa parte è pronto a elargire incentivi al settore «cuore del made in Italy» come è stato fatto nel 2009 con l’industria automobilistica. Il pacchetto di aiuti al vaglio del governo - 500 milioni di euro per tutto il manifatturiero - prevederebbe incentivi ad alcune filiere del settore tessile e dell’abbigliamento attraverso il meccanismo della rottamazione, e con il coinvolgimento del sistema turistico alberghiero.
Oltre agli incentivi, su cui c’è l’accordo di tutti, imprenditori e politici, altri due temi hanno dominato l’inaugurazione del salone: la proposta di legge sull’etichettatura obbligatoria a tutela dei prodotti italiani, e le polemiche sul calendario delle sfilate milanesi. Santo Versace, deputato Pdl, ha avuto modo di illustrare i pregi del ddl di cui è firmatario. «Serve una legge chiara», ha affermato, «dove il cliente finale sappia quello che compra». Gli imprenditori che hanno mantenuto in Italia tutte le fasi della produzione, a suo avviso, hanno «diritto» a vederselo riconosciuto con un’etichetta. Il ddl, approvato alla Camera, ora passerà al Senato: «Speriamo diventi legge quanto prima», ha auspicato il presidente di Altagamma, «e che sia di stimolo all’Europa». Urso, dal canto suo, non è convinto che lo strumento normativo al vaglio del Parlamento sia il più opportuno e lo ha sottolineato astenendosi dal voto alla Camera. «La legislazione sull’etichettatura è di competenza europea, diversamente da quella sui marchi», ha spiegato il vice ministro. A suo giudizio, apporre un’etichetta ’Made in Italy’ non rafforza il marchio e non è automaticamente una garanzia di qualità del prodotto. Se il ddl passasse, ha osservato, «qualsiasi impresa che facesse ricorso alla Corte di giustizia europea, bloccherebbe la legge». Per Urso, il «valore straordinario» del ddl è, quindi, solo quello di stimolo; cioè «far capire all’Europa che l’Italia vuole una normativa che evidenzi l’origine del prodotto», come già avviene negli Stati Uniti. Sullo sfondo anche le polemiche per il taglio al calendario delle passerelle milanesi, modificato in base alle esigenze della potentissima direttrice di Vogue America, Ann Wintour.
«Io credo che vi sia stata una risposta troppo timida», ha commentato Urso, «ma vedo finalmente proprio in queste ore che c’è stato uno scatto d’orgoglio, di dignità e anche di responsabilità annunciando per l’autunno una lunga serie di sfilate che siano espressione di un intero sistema produttivo e che non si piegano alle richieste, alle necessità, , obiettivamente incongrue, di alcuni operatori».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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