Un alimentare aperto ogni 2 km: è la solita «serrata» dell’estate

In molte vie non si può fare la spesa. Assoedilizia: «Determinante l’apporto dei negozianti stranieri»

Se non ci fossero i supermercati, be’ i milanesi morirebbero di fame. Tranquilli, non state leggendo uno «spot» pro centri commerciali bensì un viaggio nella Milano della serranda selvaggia. Trentaquattro chilometri spalmati su ventisei strade e, attenzione, con diciannove-alimentari-diciannove aperti su centodieci esercizi commerciali in funzione.
Sì, avete letto bene: nel nostro viaggio di trentaquattro chilometri - dentro e fuori la cerchia dei Navigli - ci siamo imbattuti appena in diciannove negozi dove acquistare i viveri per sopravvivere a Ferragosto. Ma la media inganna: in alcune strade - tra le altre, Bronzetti, Porro Lambertenghi, Farini e Gorizia- non abbiamo trovato neppure un alimentare aperto. E lo stesso vale anche lungo il chilometro e mezzo di corso Buenos Aires e pure percorrendo Monte Nero, Premuda e Piave ovvero viali di quasi due chilometri.
Gioco da ragazzi sostenere dunque il fallimento del piano «Milano aperta d’agosto» messo a punto da Palazzo Marino e altrettanto facile mettere nel mirino i negozianti colpevoli di aver decretato la chiusura di Milano per ferie. Dettagli per chi farà polemica accompagnandola dalla solita guerra delle cifre con la tiritera che i commercianti svolgono un servizio pubblico.
Quel che conta, oggi, sono diciannove alimentari aperti su centodieci negozi incontrati girovagando per Milano. Viaggio con sorprese: in via Foppa, ad esempio, c’è l’unica erboristeria rimasta aperta in città e pure l’unico solarium. Non sappiamo, naturalmente, se questo solarium è frequentato ma di certo è a disposizione di chi, volente o nolente, resta a Milano. E lo sono anche le cinque profumerie in cui ci siamo imbattuti, i due fiorai e gli altrettanti negozi d’arredamento oltreché il sexy shop di viale Monza.
«È un viavai continuo» confida il titolare del sexy shop: «Questione d’estate, forse di ormoni che circolano, ma il registratore di cassa tintinna come si deve». E lo stesso confermano i parrucchieri con le vetrine sempre aperte: ogni strada percorsa ne ha almeno uno che ha scelto di non abbassare la serranda. «Chi sa far di conto sa che pure in agosto si guadagna. Le ferie ormai sono scaglionate lungo l’arco dell’anno e dobbiamo, diciamo, fidelizzare i nostri clienti - uomini o donne - che restano in città». Virgolettato barba, shampoo e capelli da quarantun euro in via Cadore. Conto salato? «È agosto, questione anche di mercato».
Annotazione di un mercato, quello del commercio, che ha le sue leggi e le sue regole: non rispettarle si traduce in conti che non quadrano. Quelli che, senza forse, spingono gli «etnici» a non disertare: «Il concorso degli esercenti extracomunitari alla “vivacità“ delle zone semiperiferiche è determinante» osserva Assoedilizia. «Due negozi su tre aperti in viale Padova e in via Corsica sono gestiti da extracomunitari» chiosa Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia. Come dire: «I “nostri“ sono assenti».
E i “nostri“ sono quelli che quelli che, nonostante gli impegni presi con Palazzo Marino e le associazioni, poi, alla prova dei fatti, hanno deciso di «tradire i clienti».

Mentre la città resta aperta, loro sono in ferie con l’esclusione del quadrilatero della moda: «Lì, i negozi del sistema moda sono tutti aperti».
Ovviamente, anche in Montenapoleone, il salumaio sotto casa ritorna a fine mese. No problems, per fortuna ci sono i supermercati.

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