A meno di dieci giorni dalla presentazione ufficiale delle liste per le elezioni comunali del 3 e 4 ottobre, il Movimento 5 stelle ha la sua candidata sindaco. Scelta che calpesta quella che era stata la proposta della base milanese del movimento: Elena Sironi. La consigliera del municipio 4, avvocato civilista, mediatore civile e commerciale candidata sindaco per soli 11 giorni, nella riunione di venerdì sera si è vista mettere davanti dai vertici del movimento Layla Pavone, amministratore delegato di Industry Innovation di Digital Magics, consigliere di Italia Startup e consigliere d'amministrazione di Seif, società editrice del Fatto Quotidiano. Sembra che Pavone abbia buoni rapporti con tutti i protagonisti della digital industry italiana, come l'assessora milanese alla Trasformazione digitale Roberta Cocco. L'11 agosto la stessa Sironi in una nota dichiarava «con soddisfazione che il gruppo di Milano è pronto, coeso, entusiasta e consapevole di aver fatto la propria parte». E dopo l'invio della lista dei candidati il Movimento attendeva «il riscontro da parte degli organi interni per le opportune verifiche e dal capo politico Giuseppe Conte per la certificazione della lista».
Peccato che durante la lunga assemblea di venerdì tra i rappresentanti eletti in Parlamento, la candidata sindaco Sironi e la sua lista, lo stesso presidente, dopo aver illustrato il suo disegno politico e la sua strategia per Milano, abbia estratto dal cilindro Layla Pavone. Sironi, mangiata la foglia, racconta della sua decisione di essersi ritirata per far posto a una «candidata di valore, che rappresenta un'opportunità», in cambio di un posto da capolista. Peccato però che la riunione meneghina, costruita «da hoc», abbia escluso gli attivisti e calpestato in una manciata di minuti quella che era stata la loro scelta: lanciare Sironi.
Patrizia Bedori, candidata sindaco contro Giuseppe Sala alle comunali del 2006, ritiratasi dal Movimento e candidata ora con la lista «Milano in Comune» che sostiene Gabriele Mariani (ex Pd), è una degli eletti che si sono seduti per cinque anni tra i banchi del Consiglio comunale (su 22 tra Comune e Municipi ne sono rimasti 3) : «Altro che ascoltare i territori. Ora sono chiare le dichiarazioni a proposito di una logica politica tattica e come da copione, è arrivata la nomina calata dall'alto, siamo passati da uno vale uno a uno non vale l'altro a uno decide per tutti. Già tutto deciso. Altrove. Con tutto il rispetto per il cv della nuova candidata che in tanti anni di attivismo non ho mai avuto il piacere di incontrare...ma perché mai una manager accetta di diventare consigliera del comune di Milano? Non darà mica le dimissioni appena eletta?» si chiede maliziosamente Bedori. «Non è che per caso la logica di politica tattica nasconde un accordo pre elettorale nelle segrete stanze per dare un posto in giunta alla nuova candidata?».
Insomma, la convergenza con Beppe Sala, che ha rifiutato la proposta di un'alleanza organica coi grillini al primo turno, si potrà comunque tentare in vista dell'eventuale ballottaggio. Per ora il sindaco uscente preferisce mantenere il riserbo, senza però chiudere la porta: «Non conosco la candidata Pavone, per questo la chiamerò come ho chiamato tutti quelle che non conoscevo. Certamente mi farà piacere conoscerla». Un'alleanza con i pentastellati, magari al ballottaggio? «Non è adesso il momento di pensarci. Cominciamo ad andare bene alle elezioni, poi si vedrà».
Così Sala rimane cauto su qualsiasi pronostico di vittoria al primo turno: «A Milano è sempre difficile, è successo molto raramente e quindi non faccio neanche proclami. Semmai per prudenza uno si deve mettere nell'ottica che saranno otto settimane, sei del primo turno e due del potenziale ballottaggio, che saranno impegnative e dure psicologicamente e fisicamente».
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