C’è voglia, nei ristoranti, di un servizio vecchio stile. Camerieri impeccabili e complici che sporzionano e rifiniscono i piatti a tavola, trasformando il pasto in un piccolo spettacolo. Un modo fra i tanti, non certo il più trascurabile, per rimettere la sala al centro del discorso come tutti dicono di voler fare ma pochi fanno davvero, sottraendo l’esperienza di una cena al dominio ideologico dello chef. E un modo per dare al pubblico quello che sembra volere, dopo anni di angustie fine dining: il divertimento, la soddisfazione, l’acquolina che procura veder preparare davanti a te quello che tra poco assaggerai. Mica poco.
Queste riflessioni si sono impossessate di me nel corso di una cena da Do Carlos, il ristorante più old style del Grand Hotel et del Milan di via Manzoni, tra il quadrilatero della moda e Brera, dove poco più di un anno fa ha aperto anche il Caruso Nuovo, con uno stile più da bistrot e una proposta gastronomica più orientata sulla leggerezza, il vegetale, la contemporaneità. Qui invece, al Don Carlos, che vanta in cucina come del resto il Caruso Nuovo il bravo campano Francesco Potenza e dietro la consulenza “di peso” di Gennarino Esposito, due stelle Michelin alla Torre del Saracino di Vico Equense, regna una proposta classica, opulenta, sospesa con giudizio tra Napoli e Milano, che riempie gli occhi, la bocca e il cuore. Un menu teatrale come del resto l’ambientazione, che si rifà ai tanti tra attori, registi e cantanti lirici che nei decenni hanno frequentato l’albergo e ne riprende anche alcuni vezzi: per esempio l’Omaggio a Caruso, uno dei primi, non si limita a rappresentare uno dei piatti più amati dal trimalcionesco tenore napoletano, ovvero degli spaghetti ai tre pomodori perfettamente cotti e accompagnati da piccole polpette di paté di fegato che rappresentano quella cucina italoamericana di cui lo stesso Caruso divenne in fondo un testimonial ante litteram, ma viene servito con delle grandi forchette dai rebbi divaricati, a rappresentare un boccone vorace e abbondante.
Menu teatrale, dicevo. Articolato in tre atti, che poi rappresentano i tre momenti della proposta. Il primo atto è dedicato agli antipasti. Io ho provato la Tartare 1863 che il bravo maître e sommelier Davide De Benedetto mi condisce magistralmente al tavolo (per l’appunto), e che è un piccolo capolavoro di rotondità che l’acido garantito dalla senape contribuisce a stemperare. E ho assaggiato anche il Principe d’Autunno, un cardoncello croccante ripieno di funghi, patata montata e ristretto di funghi. Un buon piatto, un po’ elaborato ma del resto è quello che pretende lo stile assertivo del locale. Tra gli altri antipasti, l’Ostrica gastrocratica e Partenope alla Scala, che nobilita e addomestica un classico del cibo da strada più hardcore di Napoli, il “per’e’musso”.
Secondo atto, quindi i primi, vero episodio clou della cucina partenopea. Dell’Omaggio a Caruso vi ho già detto, il resto è il Bucatino del Monsù, un altro tocco di napoletanità, e la Zuppa di crostacei con fregola e cannellini. Per il Terzo atto ecco l’Agnello in crosta, un pithivier che fa per due, che è un omaggio alla cultura gastronomica francese a cui sia Milano sia Napoli sono tributari (altro piatto rifinito al tavolo), e la Quaglia Traviata ripiena di salsicce e quaglie, la Sogliola alla mugnaia e un sontuoso Ossobuco alla moda di Milano con risotto. Tra i dolci (ultimo atto) provo il Mont Blanc alla Scala e mi diverto con gli struffoli e il panettone di Esposito “pucciato” nella crema chantilly.
Il menu Dedica al Maestro, ispirato a Giuseppe Verdi, è composto da sei episodi a 120 euro e si conclude con un rituale: quello dell’assenzio, altro momento molto coreografico. Carta dei vini classica con qualche svisata contemporanea (le etichette sono custodite tra le rovine di un antico muro romano risalente al 250 d.C.), del servizio ho detto, l’ambientazione è quella di un salotto con tante foto di cari alla parete. Vi riconoscerete un sacco di star, fotografate o dipinte.
Le porcellane, i candelabri, gli spartiti e gli argenti creano un’atmosfera incantata che piacerà sia agli spiriti più ancien régime che ai modernisti in vena di un tuffo di autenticità.Ristorante Don Carlos, via Manzoni 29, Milano. Tel 0272314640, Aperto solo a cena, chiuso il lunedì.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.