GIALLO milanese

L’uomo abbozzò un sorriso infastidito. Sembrava proprio non riconoscerla

«Oh. Eccoci qui di nuovo» disse lei, sorridendo. L'uomo squadrò la donna, camminando avanti e indietro per metterla meglio a fuoco.«Di nuovo? In che senso, scusi?»
Il ricevimento si svolgeva in un grande chiostro chiuso a vetrate, situato all'ombra di uno dei più celebri absidi milanesi. Le porte delle celle, dei parlatori e della mensa si aprivano ora su uffici, sale conferenze e spazi espositivi. Il passaggio dei tram sulla via faceva tremare il vino bianco nei calici posati sui tavoli e nei vassoi.
La giornata era una di quelle rare giornate luminose milanesi che allargano il cuore come per un dono inaspettato, e al centro del chiostro un cedro del Libano si innalzava in tutta la sua possanza.
«Ho... dimenticato la borsa...».
L'uomo abbozzò un sorriso infastidito.
«Adam. E' giusto?» domandò lei.
«Mi chiamo Adam».
«Lo vede?».
«Cosa vedo?».
«Mi ricordo il suo nome».
L'uomo sembrò spazientirsi.
«Signora, lei è venuta per prendere la sua borsa? Prenda la sua borsa, allora. Sono solo un invitato, non il padrone di casa».
La donna represse un moto di spavento. Fino a cinque minuti prima erano stati seduti, lui e lei, su quel divano là, proprio quello, che s'intravedeva attraverso una porta semiaperta, in una sala appartata dove non era entrato mai nessuno. Avevano parlato di arte, di musica e di viaggi, per finire sulle rispettive preferenze in fatto di cucina.
«Il... il pollo in fricassea, giusto?» insistette lei.
L'uomo sembrava proprio non riconoscerla.
«Pollo in fricassea? Non ho visto sul buffet nessun pollo in fricassea».
«Lei mi ha detto» fece la donna, dandosi coraggio «che preferiva il pollo in fricassea»
«Signora, potrei sapere perché mi racconta queste storie? Se è venuta per recuperare la sua borsa, avanti, la prego: io non glielo impedirò».
La donna si chiamava Olga, e nella mezz'ora e passa che aveva trascorso sul divano in compagnia di quell'uomo le era sembrato addirittura di piacergli, che ci fosse nelle parole e nel tono di voce di lui qualcosa di più che un vago interesse. Le notti parigine. L'alba sull'oceano, a Rio. Le notti in tenda, in Patagonia. Il caffè preparato sulle braci in Alaska. Le erano sempre piaciuti gli uomini avventurosi. Superato un angolo dell'ambulacro, si avvicinò delusa alla sedia dove deliberatamente aveva lasciato la sua borsa. Il padrone di casa, un quarantenne grasso e gioviale che chiameremo Richi G., e che aveva accumulato un'enorme fortuna comprando e vendendo lavoro precario, per poi darsi alla finanza, dove aveva quintuplicato la sua ricchezza, la salutò con gli occhi scintillanti.
«Mi fa piacere rivederla».
Olga si diede uno schiaffo sulla fronte.
«Sono una sbadata» rise. «Avevo dimenticato la borsa».
«Felix culpa!».
La donna si morse il labbro e si avvicinò con la bocca alla spalla sinistra di lui.
«Posso... ehm... chiederle una cosa?» sussurrò.
L'uomo si sentì lusingato da tanta segretezza.
«Quel... signore là» continuò, sempre a bassa voce, accennando con la testa ad Adam «lei... lo conosce?».
Richi G. si volse per un istante a guardarlo.
«Ehm. Naturalmente» disse a bassa voce. «E' l'amministratore delegato di una delle nostre società. Un uomo, come avrà potuto vedere, molto riservato».
«Riservato?».
«Nessuno sa niente di lui. Nessuno. Si sa soltanto che non è sposato. Lo osservi bene, finché è girato. Non parla mai con nessuno, se ne sta sempre da solo».
I due ripresero le posizioni di prima e smisero di parlare sottovoce. Lei faceva segno di no con la testa.
«Qualcosa non quadra?» chiese Richi. La donna indugiò un istante.
«E' molto strano... Perché vede, lui e io poco fa abbiamo parlato, e a lungo. Per l'esattezza abbiamo parlato di Brahms, di Patagonia e di pollo in fricassea».
«Pollo in fricassea, dice?».
«M-m».
«Deve avere fatto colpo su di lui. E' ricco, sa?».
La donna prese al volo un calice da un vassoio che passava di lì.
«Cin cin allora».
L'uomo fermò il cameriere e prese a sua volta un calice. «Cin cin».
La donna portò il calice alle labbra ma si ricordò di qualcosa e non bevve.
«Mi dica. Stavo pensando: quell'uomo ha per caso un fratello gemello, perfettamente uguale a lui, vestito allo stesso modo, che si aggira da queste parti?».
Richi G. aveva voglia di ridere. «Dio mio, non pensa che ne basti uno?».
«Chiedevo. Soffre allora di qualche disturbo... che so... della personalità?».
Richi G. si rifece serio. Si grattò la testa sulla quale restavano pochi capelli neri. «Lo conosco da vent'anni. E' un po' bizzarro, questo sì...».
«Fino al punto di non riconoscere una persona con la quale si era conversato fino a cinque minuti prima?».
Richi la guardò, allontanandosi di un passo. «No, mia cara. Fino a quel punto direi di no».
La donna accompagnò con un sorriso un gesto della mano. «Oh, pfff. Non si preoccupi. Erano solo pensieri ad alta voce».
«Spero che il mio collaboratore non sia stato sgarbato con lei».
«Non sgarbato. Direi scostante».
«E' scostante con tutti. Anche con sé stesso».
«Un caso incurabile».
Poi cambiarono argomento. Alla fine, dopo un saluto spiccio, la donna prese la borsa e si avviò verso l'uscita. Richi la guardò mentre si allontanava, morbidamente, la borsa sottobraccio. Non abbiamo detto che Olga era una donna bellissima, e che il suo lungo abito di seta non rivelava la presenza, sotto, di alcun altro indumento. Per tutta la festa aveva attirato l'attenzione degli ospiti di sesso maschile. Un paio di volte un seno le era quasi sfuggito da sotto il décolleté. Poi, per mezz'ora, nessuno l'aveva più vista. Poi, rieccola per i saluti e il commiato. Poi, eccola di nuovo a cercare la borsa, e a protestare il proprio fastidio per lo strano comportamento di quell'uomo, Adam, un uomo pacifico ma molto riservato, forse troppo. Prima di volgersi agli altri ospiti, Richi catturò con la coda dell'occhio l'inizio di una scena. Vide Adam avvicinarsi con cautela a Olga e Olga fermarsi. Forse avrebbero parlato, l'equivoco si sarebbe chiarito.
Diversi giorni più tardi, il cadavere di Adam Piervittori, amministratore delegato di un'importante società finanziaria legata al gruppo che faceva capo a Richi G., fu trovato in un appartamento in zona via Pasteur affittato un mese prima dalla società Ashton S.r.l., che non figurava nell'elenco delle società registrate nel paese, né in alcun altro elenco di altri paesi. Anche la ricerca su internet si rivelò infruttuosa. L'uomo era morto in modo orrendo, trapassato da parte a parte da una lunga spada che nessuno si era preoccupato di estrarre.
La sua inseparabile valigetta non fu ritrovata.
La donna che si faceva chiamare Olga non fu mai più trovata e riconosciuta.

La conversazione su quel divano, durante il party, non aveva mai avuto luogo.
Dopo qualche mese, l'impero finanziario di Richi G. crollò. Lui, l'uomo allegro e gioviale, splendido raccontatore di barzellette, si gettò con la sua Porsche in un precipizio nel mar Ligure, tra Rapallo e Zoagli.

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