Il «Lago dei cigni»: ironia all'inglese sulla famiglia reale

«Swan lake» è ambientato negli Anni Novanta tra intrighi e scandali a Buckingham Palace

Il «Lago dei cigni»: ironia all'inglese sulla famiglia reale

Un ritorno atteso, dopo quattro anni. Per gli appassionati, imperdibile. Al Teatro degli Arcimboldi da domani torna Swan Lake , la suggestiva, ipnotica rivisitazione del Lago dei Cigni creata dal coreografo Matthew Bourne. Opera rivoluzionaria, che vive esclusivamente nell'allestimento diretto e controllato con scrupolo maniacale dallo stesso autore, Swan Lake resta un figlio prediletto dell'artista britannico a ben vent'anni dall'esordio londinese. E a portarlo sull'ampio palcoscenico del teatro di viale dell'Innovazione è il patron teatrale Gianmario Longoni, abile a conquistare per la piazza meneghina una tappa di un tour mondiale (70 persone tra cast e tecnici, cui si aggiungono 35 tecnici in loco) che proprio qui a Milano regala gli ultimi passi di danza.

Il Lago dei Cigni di chaikowskiana memoria si sposta, con un colpo d'ali immaginifico, nella Londra degli anni '90 e viene interpretato, com'è ormai noto, esclusivamente da danzatori maschi. Bourne lo ha raccontato in più occasioni: «In quegli anni l'idea dei cigni esclusivamente maschi, che smontava il cliché delle ballerine in tutù, incontrò molte difficoltà: si temeva una resa kitsch, qualcosa che avesse a che fare col travestitismo. E, ovviamente, un fiasco».

Il tema dell'omosessualità e delle inclinazioni inespresse è evidente nella storia, ma l'arte vinse sulla pruderie , se oggi questo show è stato sommerso di premi ed è giudicato forse lo spettacolo di danza contemporanea più celebre al mondo. I riferimenti della storia sono chiari, e puntano ironie e sarcasmi contro la famiglia reale britannica, dove la regina appare insostituibile e radicata nelle viscere del proprio paese mentre il principe ereditario caracolla tra indecisioni e indolenza. Nel regno non mancherebbero pretendenti virili, come i cigni che aleggiano in scena, comandati da un leader che è l'esatto contraltare dell'erede senza attributi. Insomma, lo Swan lake di Bourne non le manda certo a dire e, a vent'anni di distanza, forse appare un poco ingeneroso verso il povero Carlo (nei '90 gli scandali di corte riempivano i rotocalchi d'Oltremanica), ma tant'è.

Ciò che è nato da questa forma visiva e musicale di «pamphlet» politico-sociale è ciò che molti addetti ai lavori definiscono senza esitazione un capolavoro. Nelle rappresentazioni milanesi il ruolo del Cigno potente verrà diviso tra Jonathan Ollivier e Chris Trenfield, il principe avrà volto e corpo di Christopher Marney e, in alternanza, di Simon Williams. Madelaine Brenna sarà la regina. E siccome Bourne non intende certo tenere la sua storica compagnia «New Adventures» a gambe incrociate, già si annunciano per le stagioni a venire opere ispirate a fiabe ben radicate nell'immaginario collettivo, basti pensare a Cinderella e La bella addormentata , ma anche a pagine nobili della letteratura come Dorian Gray .

Non scontato ma probabile che questi titoli possano giungere a Milano perché quello tra Matthew Bourne e Gianmario Longoni sembra essere un «gentlemen's agreement»: «Se ci saranno esiti positivi lo si capirà sin dalla prossima stagione – spiega Longoni –.

Il ritorno di Swan Lake è comunque una preziosa occasione: quando venne nel 2010, sempre agli Arcimboldi, fece solo 9 rappresentazioni in una settimana. Vent'anni fa questo spettacolo rivoluzionò la scena teatrale: fino ad allora esisteva una danza contemporanea popolare, penso al fenomeno Momix, con Bourne opere nobili e alte sono diventate popolari».

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