«Si parla di ragazzi che appartengono alla seconda-terza generazione, in apparenza del tutto integrati e che, almeno formalmente, hanno un comportamento normalissimo davanti a conoscenti, compagni di classe o colleghi e datori di lavoro. Un atteggiamento il loro che, comunque, non sembra certo quello di chi coltiva astio nei confronti del mondo occidentale. Invece nel loro intimo, in ragione della loro fede, considerano la società occidentale corrotta e sono portati ad atti di ribellione anche molto seri. La loro aura da giovani spensierati sinfrange anche davanti a certi atteggiamenti semplici ma che denotano la loro rigidità nei nostri confronti. Basti pensare che, dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere e prima di tornare nella sua cella linsospettabile 20enne Mohamed Jarmoune ha chiesto il Corano. Poi si è chiuso nel silenzio più assoluto. La studentessa islamica perquisita dai colleghi di Varese a Gorla Minore, invece, alla vista dei poliziotti che entravano a casa sua, si è coperta subito il volto con il velo islamico e li ha trattati con grande distacco. Non cè niente da fare: per molti di questi ragazzi il nostro resta un mondo peccaminoso, da cui prendere le distanze. In modi diversi, magari, ma il pensiero alla base è lo stesso».
Lucio Carluccio è questore di Brescia dallo scorso agosto. In un passato non lontano, però, questo investigatore di lungo corso, oltre ad aver diretto lo Sco (il Servizio centrale operativo della polizia) e la Dia di Roma (Divisione investigativa antimafia), insieme ai molteplici incarichi ricoperti, era stato per alcuni anni anche a capo della Digos di Milano e quindi non cè da stupirsi se «mastica» parecchio di terrorismo islamico.
Dopo la cattura di Jarmoune, da parte dei suoi uomini, giovedì il questore aveva parlato a lungo di questo ragazzino, allapparenza innocuo, ma che non aveva esitato a visitare siti web per la realizzazione di ordigni per un attentato contro la sinagoga di via della Guastalla e la scuola ebraica di via Arzaga, a Milano. Ora il questore si sofferma con noi sulla figura della giovane perquisita e indagata in provincia di Varese, una figura emersa proprio dallindagine di Brescia.
«Tra la ragazza e larrestato cera solo una sorta di empatia, di condivisione ideologica espressasi esclusivamente online: infatti, mentre per lui sono scattate le manette con la pesante accusa di terrorismo, lei è stata semplicemente perquisita e indagata - spiega Carluccio -. A carico di questa studentessa, insomma, non è emerso nulla di veramente compromettente. In casa aveva del materiale e della documentazione informatica. I contatti tra i due erano virtuali, chattavano sui social network dialogando su tematiche a sfondo ideologico. Niente a che vedere con quelle che erano le intenzioni molto più concrete di Jarmoune».
Benché il reato che viene contestato alla studentessa sia il medesimo di cui è accusato il suo «amico virtuale», infatti, lei si è «limitata» a caricare video di propaganda e proclami al jihad sulle pagine Facebook e sui forum che guardano alla tesi oltranziste di «Inspire», la rivista fondata dallimam yemenita Anwar Al Awlaki e considerata nuova fonte ideologica della dottrina qaedista. Insomma: il suo computer gli investigatori della Digos di Brescia lo hanno trovato pieno zeppo di file sul radicalismo islamico, contro Israele e pro guerra santa.
Eppure il background della ragazza che appare come una fiancheggiatrice del terrorismo internazionale non fa certo pensare a una fanatica religioso. Appartiene a una famiglia di otto persone nessuna delle quali ha mai avuto atteggiamenti religiosi estremi o radicali. A Gorla minore raccontano tutti che la si vedeva in giro come una qualsiasi giovane della sua età e che va a studiare altrove, nel suo caso al liceo scientifico di Tradate.
«Non dimentichiamo che anche la datrice di lavoro di Jarmoune, una persona convinta di conoscerlo bene, è rimasta a dir poco sconcertata davanti al suo arresto» conclude il questore di Brescia.
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