Obbligo vaccinale, 500 No Vax hanno già presentato ricorso

Profili di incostituzionalità tra le ragioni del "no". Inviati 2.453 inviti formali a sottoporsi a profilassi

Obbligo vaccinale, 500 No Vax hanno già presentato ricorso

Sono circa 500 i medici no vax in Lombardia che hanno ricorso contro l'obbligo per il personale sanitario che impone, in caso di inottemperanza, la sospensione dalla mansione e quindi la sospensione dello stipendio o il trasferimento ad altro incarico. Nel ricorso depositato dall'avvocato Daniele Granara al Tar di Milano e Brescia contro Ats Milano Città metropolitana, Ats Pavia, Ats Insubria e Ats Brianza, che si basa su presupposti di «incostituzionalità», si chiede «di annullare gli atti impugnati» e «di rimettere alla Corte costituzionale le questioni sollevate». Il ricorso si fonda «sull'illegittimità costituzionale di un obbligo riferito ad un vaccino di cui non è garantita né la sicurezza né l'efficacia, essendo la comunità scientifica unanime nel ritenere insufficiente, sia dal punto di vista oggettivo sia dal punto di vista temporale, la sperimentazione eseguita - si legge nel testo-. Ne è riprova l'ulteriore illegittima pretesa di condizionare la somministrazione del vaccino obbligatorio al rilascio di una totale esenzione e la conseguente mancata previsione di un indennizzo ritenuto invece dalla giurisprudenza costituzionale a condizione essenziale ed imprescindibile per l'imposizione di un obbligo vaccinale». Il ricorso fa inoltre leva sulla rivendicazione della libertà di scelta della cura e sulla libertà della ricerca scientifica sancite rispettivamente dagli articoli 2, 9, 32 e 33 Costituzione.

Se verrà accettata dal Tar la richiesta di anticipo della sospensiva l'udienza potrebbe tenersi già settimana prossima, altrimenti slitterà a fine luglio.

Ats Città Metropolitana di Milano ha inviato 9.861 lettere al personale sanitario delle province di Milano e Lodi. Coinvolti farmacisti, medici chirurghi, odontoiatri, veterinari, biologi, fisici, chimici, psicologi, infermieri, ostetriche, professionisti tecnico sanitari, della riabilitazione e della prevenzione. Così gli «operatori di interesse sanitario» come massofisioterapisti, operatori socio-sanitari, assistenti di studio odontoiatrico. Cinque i giorni a disposizione per replicare, ovvero per inviare all'Ats le proprie motivazioni e la relativa documentazione per comprovare l'esenzione o il differimento dalla vaccinazione su prescrizione medica, la presentazione della richiesta di vaccinazione o l'insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale.

Delle 3.591 persone contattate via Pec 446 sono state vaccinate, 360 hanno prenotato la vaccinazione, 332 hanno chiesto il differimento (perché hanno avuto Covid, perché in maternità, perché devono effettuare approfondimenti medici) o l'omissione (per patologie o allergie gravi) oppure hanno dichiarato l'insussistenza. Queste 332 risposte sono in fase di valutazione.

Altre 2.453 non hanno dato riscontro: secondo la procedura prevista dal decreto è stato trasmesso l'invito formale a sottoporsi alla somministrazione del vaccino. Per 6.270 persone, invece, Ats ha inviato le lettere via raccomandata: si stanno aspettando i riscontri.

Complessa la questione dal momento che con una nota del 17 giugno il Ministero della salute ha definitivamente chiarito la natura della sospensione: «All'atto di accertamento di mancata osservanza dell'obbligo vaccinale adottato dall'azienda sanitaria discende ex lege la sospensione dall'esercizio della professione sanitaria e dalla prestazione dell'attività lavorativa da parte degli operatori obbligati che svolgono mansioni che implicano necessariamente un contatto interpersonale con il paziente». Per chi non masticasse diritto ex lege significa automaticamente: quindi chi al momento ha dichiarato via pec di non volersi vaccinare andrebbe automaticamente sospeso, anche se Ats si riserva di valutare i casi. Stesso discorso varrà per le risposte «che dichiarano l'insussistenza» via raccomandata.

Ma la sospensione, in termini molto pratici, pone un grosso problema di sanità pubblica: nel momento infatti ti che viene sospeso un infermiere di sala operatoria o un medico ospedaliero non c'è personale per sostituirli e quindi si rischia di bloccare il funzionamento degli ospedali.

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