«Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre», diceva Winston Churchill. Sorvolando sulle guerre, sul pallone come dargli torto? Non è questione di frivolezza, è un fatto di cultura. Gli stessi inventori del football compresero ben presto come per noi il calcio fosse molto più che un semplice gioco, ma un pezzo della nostra storia, una leva di riscatto nazionale, una declinazione moderna delle antiche lotte di campanile. Ci perdonino però i tifosi più accaniti se, almeno per un giorno, preferiamo vedere nel nostro sport nazionale qualcosa che unisce piuttosto che dividere, e che non conosce confini, come l'arte e tutto ciò che trasmette emozioni, senso del bello, sogni e riflessioni. Proprio di calcio e arte si parlerà nell'incontro «Il calcio, linguaggio universale», in calendario oggi, ore 14.30, al Centro congressi della Provincia, presenti il neopresidente della Regione Roberto Maroni, il presidente della Provincia Guido Podestà e l'assessore allo Sport Chiara Bisconti.
Un momento speciale fatto di esposizioni, dibattiti e premiazioni, ma prima di tutto un'occasione unica per ascoltare le testimonianze di illustri milanesi (di nascita o d'adozione), che al calcio, come sport ma soprattutto come patrimonio di valori etici e culturali, hanno dedicato un'intera vita: Giovanni Lodetti, Luisito Suarez, Giuseppe Bergomi, Filippo Inzaghi, Bruno Pizzul, Luigi Agnolin, Esteban Cambiasso, noti per il loro personalissimo stile e «fair play» dentro e fuori dal rettangolo verde. Alcuni di loro saranno premiati con opere realizzate da artisti e professori dell'Accademia di Brera, istituzione cardine della cultura milanese che non poteva mancare a un appuntamento come questo. Alfredo Calligaris, che riceverà il riconoscimento Una vita per lo sport, fra le mille avventure sportive è stato per lunghi anni preparatore atletico di Inter e Atalanta, ma soprattutto è un grande appassionato di arte moderna. «L'arte - confida - è profondamente legata allo sport. Per rendersene conto basta riflettere, ad esempio, sull'estetica del gesto, e sul rapporto fra chi esegue e chi guarda: lo sport è un fatto culturale, legato al comportamento. In fondo, è tra le prime forme di globalizzazione del senso estetico, parla dappertutto lo stesso linguaggio, è in grado di suscitare emozioni e oggi, grazie a replay e moviole, di essere apprezzato nella bellezza di gesti atletici non più, come un tempo, irripetibili». Insomma, per dirla con Benjamin, lo sport, come l'arte, sarebbe ormai giunto nell'epoca della sua riproducibilità.
Anche a Brera sembrano pensarla così, almeno a giudicare dal soggetto del progetto corale «Dribbling» realizzato da una «squadra» di undici allievi coordinata e «allenata» dal docente di pittura Stefano Pizzi, che anticipa: «Dodici opere 70 x 50, tutte raffiguranti gambe di calciatori nell'atto di dribblare, che verranno esposte in un corridoio laterale della sala». Un'opera di grande impatto, che unisce l'emozione del gesto pittorico a quella della performance sportiva. «Tra i premi - prosegue Pizzi - si segnalano inoltre due sculture di Gino Bosco e due realizzazioni di Carmine Sabbatella che rappresentano i quadri astrali negli anni di fondazione di Milan (1899) e Inter (1908).
Ma il pezzo clou, destinato a celebri calciatori legati a Milano, saranno cinque palloni in teca dipinti da altrettanti maestri braidensi».
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