Conflitto d'interessi evidente. Ma i soliti moralisti tacciono

Chiariamo subito: tutto è formalmente regolare, burocraticamente ineccepibile. Ma provate a immaginare cosa sarebbe successo, il fragore moralistico, le scandalizzate invettive, le rumorose sceneggiate in Consiglio comunale e i titoli col ditino alzato dei soliti giornaloni, se in queste vicende di supermulte graziate al sindaco e di generosi sconti su vecchi contenziosi a ristoranti amici, se in questo generale «chi ha avuto, ha avuto», al posto del sindaco Giuliano Pisapia ci fossero Letizia Moratti o Gabriele Albertini.

Sì perché, come vi abbiamo raccontato già ieri, il Comune ha trovato il modo di evitare che il «suo» sindaco debba pagare una multona da 510.488 euro per affissioni abusive nella campagna elettorale del 2011. Cancellata per «possibili vizi di forma nella procedura»: questa la iperburocratica e acrobatica spiegazione contenuta nella determina dirigenziale di salvataggio, arrivata appena 48 ore prima che Pisapia fosse costretto a scegliere se pagare quella non trascurabile sommetta o dimettersi per fare ricorso, come impone la legge all'amministratore di un ente pubblico col quale ha in corso un procedimento civile o penale.

Ma questioni formali a parte è evidente quanto meno l'indiretto conflitto di interessi e l'imbarazzo istituzionale di un sindaco che si fa abbuonare dalla sua amministrazione una supermulta, per di più relativa all'attività che lo ha portato su quella poltrona di sindaco. Immagino le violentissime reprimende di un Basilio Rizzo se fosse capitato alla Moratti. Ma è Pisapia... E bisogna onestamente dare atto al radicale Marco Cappato, che pure della maggioranza fa parte, di aver iniziato questa battaglia contro le affissioni abusive, di averla portata avanti senza fermarsi neppure davanti al nome del «suo» sindaco.

Questo a pochi giorni di distanza da un'altra vicenda, che stavolta riguarda, semmai, l'intera giunta comunale, giacché coinvolge il noto e ottimo ristorante «Papà Francesco», di via Marino, prediletto da questa amministrazione. Nel 2008 la giunta Moratti chiese al titolare un adeguamento ai prezzi di mercato dell'affitto dei locali, di proprietà del Comune. Ne seguì l'immancabile rissa giudiziaria finché, pochi giorni fa, dopo sei anni, in pratica Palazzo Marino si arrende e fa all'apprezzato ristoratore uno sconto di 60 mila euro all'anno: canone di 220 mila euro all'anno dai 280 chiesti dalla Moratti; e a lunghissima scadenza, per i prossimi 18 anni: tutto considerato un risparmio da un milione - euro più, euro meno. Anche in questo caso formalmente niente da dire, un lungo contenzioso chiuso con un accordo. E poco importa se quel locale fosse tanto apprezzato e molto frequentato da buona parte dell'amministrazione Pisapia.

Semmai è solo una questione di buon gusto, di opportunità. Ma ricordo che il sindaco Albertini frequentava spesso a pranzo, con assessori e collaboratori, l'antica pizzeria Ciardi, in via San Raffaele, andata a fuoco per un corto circuito due anni fa. Fu subissato da interrogazioni (e insinuazioni) su chi pagasse i conti dei pasti da Ciardi, su quali fossero i motivi di tanta assiduità e altre simili malignità. Chiedo: cosa sarebbe successo se Albertini avesse riservato a Ciardi lo stesso conciliante trattamento che Pisapia ha concesso a «Papà Francesco»? D'altra parte Paolo Bonomo, che insieme ai genitori gestisce il ristorante è un entusiasta di Pisapia: «A Milano si respira un'aria nuova» dichiarò in occasione dell'insediamento a Palazzo Marino del sindaco arancione.

E per dimostrare concretamente tanto entusiasmo distribuì ai passanti mille porzioni di risotto arancione alla zucca, devolvendo le offerte libere al «Pane quotidiano». Generoso (e arancione) l'entusiasmo, generoso (e arancione) lo sconto sull'affitto. Affitto scontato a tutti o a nessuno.

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