«Qualcuno salvi la Versailles di Milano»

L’ex assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi lo definì uno dei patrimoni statuari settecenteschi più importanti della Lombardia. Sono le dodici sculture che accolgono i visitatori di Villa Clerici, luogo cittadino a due passi dall’Ospedale Niguarda, da qualcuno definita (non a torto) la Versailles di Milano. In pochi, anzi pochissimi, conoscono questo angolo di storia e architettura patrizia immerso in un grande parco che ospita, alle spalle della villa, anche due scenografici teatri. Quasi nessuno ha visto queste statue, oggi molto deteriorate dal logorìo del tempo e dallo smog: rappresentano le Quattro stagioni, due danzatrici, la Musica, la Ricchezza, la Vanità, Diana, Leda e la Sorgente. Lo scorso marzo però, in occasione della Giornata di Primavera del Fai, si misero in tremila in coda per visitare la decadente magnificenza di quella che fu una delle residenze di Antonio Giorgio Clerici, tra i più illustri mecenati del settecento lombardo. Varcare i suoi cancelli per la prima volta fa un certo effetto, tra i condomìni del quartiere ospedaliero a ridosso di Affori, generalmente noto alle cronache per vicende di ordinario disagio.
Già, le famose periferie, «quelle da valorizzare», come affermano spesso i politici. Oggi l’ex «villa di delizia», sede della Casa di Redenzione sociale della Compagnia di San Paolo e dell’unica Galleria d’arte sacra contemporanea, è un tesoro cittadino nascosto che rischia di rimanere tale; se non peggio, se non verrà messo a punto un piano di restauro. A cominciare dalle sculture settecentesche che adornano il giardino all’italiana e la villa, per terminare al pianterreno e all’area dei teatri esterni che necessitano la messa in sicurezza. «Nei famigerati anni Ottanta la villa era aperta d’estate a molte manifestazioni cittadine, artistiche e musicali» dice con malcelata amarezza Giovanni Gazzaneo, direttore della Galleria che oltre alla collezione permanente, ospita in questi giorni la mostra dello scultore siciliano Pino Pedano. Gazzaneo mostra le opere che furono collezionate dall’architetto Dandolo Bellini e don Giulio Madurini. Qui venne più volte Papa Montini e a lui furono dedicate alcune opere del patrimonio d’arte sacra. Che comprende dipinti e sculture di artisti come Francesco Messina, Floriano Bodini, Gianfilippo Usellini, Trento Longaretti, Felice Carena e molti altri. Duecento quelle esposte nelle ampie sale della villa, ma il quadruplo giace in deposito. Una collezione che certamente meriterebbe di essere conosciuto dalla città, ma soprattutto un gioiello urbanistico che potrebbe degnamente ospitare il tempo libero dei milanesi e il dialogo tra tutte le arti: musica, teatro e mostre. «Per un restauro basico, che la renderebbe agibile al grande pubblico, basterebbero duecentomila euro». Un’inezia, viene da dire, rispetto a ciò che viene speso per eventi estemporanei in città e provincia.

Per il momento, le speranze di Villa Clerici risiedono in un bando di concorso della Regione Lombardia relativo anche all’allestimento di una gipsoteca per gli oltre 1500 pezzi che giacciono in deposito; eppoi nei trenta volontari a supporto delle attività della Galleria e nelle undici laureate in Storia dell’Arte impegnate come guide alla collezione. Per la Versailles di Milano è un po’ poco.

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