Scope, bidoni e camere d’aria Il ritmo urbano degli Stomp

Scope, bidoni e camere d’aria Il ritmo urbano degli Stomp

Un, due, tre, tornano gli Stomp. Con i loro ritmi fantasiosi, le coreografie impossibili incastonate in scenografie quotidiane che sanno di metropoli, strade, bidoni dell'immondizia, scopettoni, scatolette di fiammiferi, e persino - questa una novità rispetto agli show precedenti - camere d'aria e pneumatici di trattori. Perché la musica è ovunque, intorno a noi, basta saperla scovare. Soprattutto quella musica che nasce dalla percussione, per la quale il senso sta tutto nella distanza tra un «colpo» e l'altro, tra una nota e l'altra. In quello spazio, in quella distanza magica e impalpabile, si infilano gli Stomp, i più celebri performer internazionali (una compagnia nata a Brighton ma con base a Londra) infarciti di artisti di tutto il mondo: brasiliani, statunitensi, argentini, inglesi, tedeschi e, ebbene sì, anche un italiano. Anzi, di più: un milanese. Di piazza Cinque Giornate, quindi doc. Si chiama Ignazio Bellini, ha 20 anni tondi e, come dice lui, «quando vidi per la prima volta gli Stomp, al Teatro Smeraldo nel 2001 avevo undici anni, ero con i miei genitori e mi cimentavo per la prima volta con la batteria, strumento che ancora oggi suono». Quella passione avrebbe segnato il suo futuro e, vai a pensarlo, lo avrebbe fatto entrare nella famiglia Stomp. L'ultima versione dello show arriva al Teatro Nazionale da oggi al 27 maggio (ore 20.30, ingresso 55/17 euro, info 892.101) a cinque anni di distanza dall'ultimo apparizione. Nati nel 1991 a Brighton da un'idea di Luke Cresswell e Steve McNicholas, consacrati lo stesso anno al celebre Festival di Edimburgo, oggi gli Stomp hanno quattro compagnie attive: due fisse a Londra e New York, due itineranti per l'Europa e per le Americhe. In poco più di un ventennio, gli Stomp hanno calcato i palcoscenici di una quarantina di paesi, raccogliendo onori e premi, come il prestigioso Olivier Award come migliore coreografia. Ignazio Bellini spiega così il suo arruolamento in questo ultimo show della compagnia ritmante: «Avevo finito il liceo classico, non avevo dimenticato gli Stomp e ho inviato una mail a Londra, mi hanno risposto che avrei dovuto aspettare le audizioni successive. Un anno dopo, la chiamata. Li ho convinti con le mie basi di batterista, l'allenamento fisico che mi viene dal mio giocare a basket, la comunicativa del corpo e la facilità di apprendimento. Loro hanno bisogno di gente sveglia che impari in fretta i disegni ritmici. Mi ha anche aiutato la conoscenza dell'inglese. Lo show è un mix di percussione, danza e acrobazia. E suonare con una scopa non è come avere delle bacchette in mano, la gestualità è del tutto differente». Su quale sia il segreto di «Stomp», Ignazio non ha dubbi: «La sua universalità - spiega - É uno show non parlato, la comunicazione è tutta nel ritmo e nelle coreografie, va dritto al cuore dei bambini come degli adulti, esalta le corde più istintive del pubblico».

Uno show «si global» nel quale Bellini intende restare per un bel po': «Prima di buttarmi nell'avventura mi ero iscritto a ingegneria gestionale, poi ho mollato. Adoro la musica nera e il funk». Un pizzico di quella musica lo si trova, nei tempi e contrattempi, anche nella magia di «Stomp».

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