Senza turisti e "business" la Galleria non vuole riaprire

Dal "Savini" al "Galleria", frenata sull'avvio a giugno. E c'è chi chiede di saltare l'estate: "Rischiamo di fallire"

Senza turisti e "business"  la Galleria non vuole riaprire

Il «Salotto» di Milano non ha fretta di riaprire. Ai ristoranti che vivono per l'80/90% di turismo l'allentamento dell'emergenza sanitaria non basta per voltare pagina e guardare con fiducia alla fase 2. Le spese vive sono più alte che altrove, i locali storici hanno cucine strette, non si possono allargare i dehor per recuperare il taglio dei posti all'interno. «E poi, bisogna riempirli i tavoli» sintetizza amaramente il direttore del «Savini» Sebastian Gatto, facendo presente che «un locale come il nostro spende 20mila euro al mese solo per accendere la luce, vive di turisti, pranzi business, eventi, cene dopo teatro». Una clientela che rischia di mancare all'appello per un pezzo, difficilmente cambierà qualcosa dal 18 maggio o dal primo giugno. Ecco perchè l'associazione «il Salotto» che ha riunito in videoconferenza giorni fa i titolari dei locali in Galleria vuole arrivare ad un documento comune da sottoporre nei prossimi giorni al Comune, che è proprietario dell'immobile storico e potrebbe avanzare qualche pretesa. Il presidente dell'associazione, Pier Galli, fa presente che già «la misura dei 4 metri quadrati per cliente è ingestibile soprattutto per i locali più piccoli, l'organico viene mantenuto da un certo numero di clienti. E se il turismo è a zero per noi aprire subito sarebbe un bagno di sangue, chi riesce ad ottenere liquidità dalle banche non vuole bruciarla subito. Anche hotel a 4 e 5 stelle che ci forniscono clientela non ripartiranno prima di fine luglio o addirittura ottobre». Chi ha alle spalle un grande gruppo come Autogrill non avrà problemi a riaprire anche in forma contingentata dal 18, il «Camparino» e il caffè «Marchesi» starebbero valutando il da farsi, Savini, Biffi, il ristorante «il Salotto», «Galleria» e «La locanda del Gatto rosso» frenano. Andrea Loiacono («Gatto rosso») pensa che sarebbe meglio «saltare addirittura l'estate e valutare la riapertura a settembre, oggi vorrebbe dire nel nostro caso tenere aperto per dieci tavoli esterni e 7-8 all'interno, è difficile garantire la sicurezza in cucina, dotarsi di mascherine e guanti. Rischiamo di fallire in pochi mesi». Non vogliono ripetere l'esperienza di febbraio, quando tra l'impennata dei casi e il lockdown c'è stata una settimana in cui doveva passare il messaggio della «Milano che non si ferma», ma la Galleria era deserta, i tavoli sono rimasti semivuoti e aderire all'operazione di marketing cittadino è costato alle aziende.

In piazza Risorgimento riaprirà («non il 18, troppo in fretta, ma forse il 22 perchè bisogna fare le cose per bene») il suo ristorante «Oste e cuoco» lo chef palermitano Filippo La Mantia, che solidarizza con chi ha locali di metrature inferiori: «Per molti sarà un massacro, un salasso. Per i piccoli riaprire così è impossibile». Lo chef potrà allargarsi all'esterno, aggiungere tavolini, ma tutto il servizio va ripensato compresi i menu che «dovranno essere usa e getta, li stemperò su foglia A4 e li butterò via una volta usati da un tavolo.

Tra sanificazioni, mascherine, guanti, igienizzanti e taglio dei posti credo che buona parte dei ristoratori chiuderà per sempre. E io non farò più il cuoco - scherza - praticamente farò il controllore, mi metterò in cassa per accertare che tutto sia in sicurezza».

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