Si spegne il fango sul Trivulzio: il pm vuole archiviare

Chiesta l'archiviazione sul caso che vede al centro dell'inchiesta la casa di cura Pio Albergo Trivulzio e l'ex dg Giuseppe Calicchio. Per i pm non vi è alcuna evidenza di condotte colpose o comunque irregolari

Si spegne il fango sul Trivulzio: il pm vuole archiviare

È stata chiesta l'archiviazione dell'inchiesta relativa alla casa di cura Pio Albergo Trivulzio, e che vede indagato l'ex direttore generale Giuseppe Calicchio. Le accuse mosse contro la struttura ed il dg riguardavano la presunta assenza di dispositivi di protezione individuali, indispensabili per proteggere personale ed ospiti del centro dalla trasmissione del Sars-Cov-2. Come ipotesi di reato si parlava di epidemia colposa ed omicidio colposo plurimo, proprio in seguito alle numerose morti che si erano verificate fra gli anziani ricoverati.

Oggi la decisione della procura della Repubblica di Milano, che ha chiesto l'archiaviazione. Persino le pesanti accuse di epidemia ed omicidio colposo sono state ritenute immotivate, in quanto "l'eccesso di mortalità del Pat per Coronavirus si situa in una fascia intermedia rispetto a quanto avvenuto nelle Rsa del milanese". Questo quanto si legge nella richiesta avanzata al giudice per le indagini preliminari dai pubblici ministeri Mauro Clerici e Francesco de Tommasi, come riportato dalle principali agenzie di stampa.

La richiesta al gip

Nella loro richiesta di archiviazione del procedimento, i due pm spiegano che non "è risultato in alcun modo tracciabile in termini di significativa certezza il percorso dell'infezione, dall'ingresso nella struttura alla diffusione nei diversi reparti". Nel dettaglio, per quanto riguarde le accuse di epidemia colposa mosse contro l'ex dg Giuseppe Calicchio, pare machi il nesso causale fra "tra i comportamenti di Calicchio e la diffusione di virus e deceduti". Per quanto concerne la struttura Pio Albergo Trivulzio (Pat), chiamata a rispondere per la legge 231 sulla responsabilità degli enti, occorreva dimostrare che i reati "risultassero riconducibili alla responsabilità dei vertici dell'ente e commessi nell'interesse o a vantaggio dell'ente stesso: presupposti che all'evidenza difettano".

I pm ricordano inoltre che sino alla fine di marzo, in tutto il Paese, e fino ai primi di aprile, per quanto riguarda la Lombardia, "la verifica mediante tampone era raccomandata solo su pazienti sintomatici in caso di ricovero in ospedale al fine di riscontro diagnostico e non ai fini di tracciamento del contagio".

Avviata a seguito delle denunce presentate dai familiari delle persone decedute all'interno della Rsa e da alcuni membri del personale del Pat, che avevano denunciato la mancanza di presidi, l'indagine riguardava il periodo compreso tra gennaio ed aprile 2020. Ben oltre 400 cartelle cliniche relative ai pazienti in cura sono state esaminate.

I pm Clerici e De Tommaso spiegano che i consulenti tecnici, incaricati di esaminare suddette cartelle, non hanno riscontrato carenze di assistenza sanitaria da parte del centro Pio Albergo Tribulzio che possano aver provocato il proliferare della malattia. Non solo. "Si rileva comunque la presenza, quando necessario, di un supporto respiratorio e di terapie farmacologiche idonee al trattamento delle complicanze", aggiungono i pubblici ministeri. Anche per quanto concerne l'assenza del personale sanitario affetto dal virus, i pm dichiarano che "neppure risultano accertate significative carenze assistenziali di ordine più generale, non direttamente correlate al Covid-19".

Ne consegue, dunque, che al momento non vi è alcuna evidenza di condotte colpose o comunque irregolari. Da qui la richiesta di archiviazione.

Le reazioni

Delusione da parte dell'Associazione Felicita, vicina ai familiari degli anziani deceduti al Pio Albergo Trivulzio. "La domanda di verità e giustizia, è stata elusa dalla Procura (e non solo)", è stato il commento di Alessandro Azzoni, presidente dell'Associazione, come riportato da La Stampa.
"Prendiamo atto e rispettiamo la sentenza, ma continuiamo a pensare che non si è trattato di una fatalità!", ha invece dichiarato Federica Trapletti, della segreteria di Spi Cgil Lombardia. "Rimane il rammarico che dopo un anno e mezzo di indagini non si sia arrivati ad individuare le responsabilità della tragedia che si è consumata durante la pandemia.

Continuiamo a pensare che ci siano precise responsabilità politiche, gestionali ed organizzative che ci auguriamo emergano quanto prima, perché quanto è successo non possa più succedere. Per questo motivo abbiamo promosso una raccolta firme".

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