«Sul palco vi racconto la pazza Italia delle caste»

Abbondanza di casta, carenza di castità. La si potrebbe mettere così, intendendo per castità non quella tra le lenzuola bensì una certa astinenza dai comportamenti sbracati. L'Italia di oggi è, invece, un florilegio di caste e di tic «very cafonal», dunque non dispiace affatto che a puntare il dito su tutti questi difetti (ovviamente ridendoci su e facendoci ridere) ci sia Enrico Bertolino, il comico milanese doc dallo stile più british sulla piazza. L'Italia non cambia mai? E allora ecco in arrivo «Casta Away», gioco di parole e spettacolo del monologhista dal profilo più pettinato ma dalle battute più caustiche. In un inglese maccheronico il titolo - che «corregge» quello di un celebre film hollywoodiano con Tom Hanks naufrago su un'isola deserta - vorrebbe dirci che «la casta per eccellenza, cioè quella politica, se n'è proprio andata, lontano dalla gente normale. Vive in un'altra dimensione e non fa nemmeno più finta di mascherarlo». Una tesi che Bertolino evocherà, insieme a rapide lezioni di storia che partono addirittura da Spartaco e da Savonarola, nello show scritto con Luca Bottura e Curzio Maltese, diretto da Massimo Navone, al Teatro Nuovo fino al 24 novembre (ore 20.45, domenica ore 15.30, ingresso 39,50-29,50 euro, info 02.79.40.26). La ricetta è la seguente: proiezioni video, una scenografia ad evocare un isolotto composto di rifiuti da qualche parte nell'oceano, la linguaccia comica e veloce di Enrico Bertolino e la «spalla» - musicale ma, questa volta, anche attoriale - del fido pianista Teo Ciavarella, a fare da secondo naufrago.
«Anzi, lui sull'isola ci finisce prima di me - spiega il comico - e quando arrivo io, devo raccontargli com'è cambiata nel frattempo l'Italia. Il problema è che non è cambiata. Resta il paese che magari applaude un Savonarola quando punta il dito sui politici che fanno schifo, poi però quando chiede anche sacrifici alla gente, quella lo manda sul rogo». E se l'icona del film con Tom Hanks era un pallone da basket chiamato Wilson, qui il pallone, spiega ancora Bertolino, «è il mitico Supertele, quello anni '70 così leggero che davi un calcio e non sapevi mai dove andava a finire. Vuoto, imprevedibile, da prendere a calci, una cosa che in quegli anni ci sembrava bella e nuova ma ora è superata e dimenticata».
Nello show di Bertolino, però, non ci sarà solo politica, ma anche tanto costume, e poi tv e infine, ebbene sì, anche il papa: «La tv ormai è tutta talk-show, con i giornalisti a fare compagnia di giro. Oggi i giornalisti tv, come le star della musica pop, hanno gli agenti: ma si può? Quanto a Papa Francesco, lo trovo irresistibile: i suoi messaggi sono così semplici, o appaiono come tali, che mi fanno pensare a quelli in codice di Radio Londra. Uno pensa: chissà cosa c'è dietro».

Nell'Italia che non cambia mai, però, qualcosa è cambiato: la proprietà della sua amata Inter, e allora Enrico Bertolino, per finire, dice la sua: «Non so fino a che punto Moratti abbia elaborato il lutto dell'addio all'Inter. Che poi non è un addio, perché lui resterà sempre in zona. L'indonesiano Thohir? - scherza il comico - bé, le teorie di Lombroso non gli vengono troppo incontro, ma mi sembra un tipo attento. Staremo a vedere».

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