Il terrorista voleva far saltare la sinagoga di via Guastalla

Come nel caso Game e della sua bomba alla caserma Perrucchetti a far paura sono i cani sciolti della «jihad» integrati nelle città

Il terrorista voleva far saltare la sinagoga di via Guastalla

C’è molto di Mohamed Game - il libico di Ben Ghazi, ingegnere e imprenditore fallito, che il 12 ottobre 2009, armato di una bomba artigianale, tentò di farsi saltare in aria davanti alla caserma dell'esercito «Santa Barbara» in piazzale Perrucchetti - in Mohamed Jarmoune, il 20enne marocchino catturato ieri dalla Digos di Brescia. Nel giro di pochi mesi l’operaio finito in manette ieri, e che viveva nel Bresciano dall’età di 6 anni, ha cambiato almeno sette profili Facebook e oltre 10 account di posta elettronica. Tutto perché, secondo gli investigatori, stava preparando un attentato terroristico alla sinagoga di Milano di via della Guastalla e, probabilmente, alla scuola ebraica di via Arzaga. Così, in quanto fanatico di internet e dei sopralluoghi virtuali, per fare una ricognizione sul suo obiettivo aveva utilizzato Google Maps, prestando particolare attenzione ai dispositivi di sicurezza attivati, come la macchina della polizia che si trova davanti al tempio ebraico 24 ore su 24.
Tante analogie con l’attentatore della Santa Barbara. Fu soltanto dall’analisi del materiale informatico che gli investigatori della Digos di Milano, subito dopo l’esplosione alla Perrucchetti che costò al libico la vista e una mano, capirono la volontà di Game di diventare un kamikaze attraverso lunghi e approfonditi studi sull’argomento online. Non uno straccio di volantino, un proclama, un qualcosa che dal suo covo arrivasse fino ad Al Qaeda, se non i deliri di un uomo che si sfogava sul web cercando proseliti per la sua causa.
Sempre e solo attraverso i contatti ritrovati sul computer di Game e su quello dei suoi due complici - il connazionale Mohamed Israfel e l’egiziano Mahmoud Kol - emerse un collegamento tra i tre e un livello superiore di seguaci e propugnatori del fondamentalismo islamico. Qualcuno che li incitava ad andare avanti e a «fare bene» seguendo il motto Insciallah (Dio lo vuole), ci doveva essere stato per forza. Diventò molto difficile, però, continuare a indagare sulla mole enorme di materiale informatico trovato. Molti dei siti visitati dai tre, infatti, erano arabi, tanti avevano chiuso e, con il passare dei giorni diventò sempre più complicato rintracciare identità di riferimento ben precise. Come le decine di numeri telefonici di contatti rintracciati appartenevano a schede ormai andate distrutte.
«Quest’uomo si era radicalizzato in poco tempo nel suo fanatismo religioso - sottolinearono gli investigatori milanesi ricordando Game - Tuttavia è innegabile che, seppur breve, il processo di auto-indottrinamento lo ha portato molto lontano. E tutto questo è stato possibile anche e soprattutto grazie a internet».
Il marocchino arrestato ieri si dice «pronto al sacrificio per sconfiggere Israele». E anche Game, da vero kamikaze, non avrebbe esitato a morire nel nome di Allah.

Fu proprio il suo radicalismo religioso che, all’improvviso, spinse l’ingegnere libico ad acquistare il fertilizzante per realizzare l’ordigno, sorprendendo così con la sua risolutezza i due complici.
Nel luglio 2010 Game venne condannato a 14 anni. A Mohamed Jarmoune andrà molto meglio: i suoi progetti sono rimasti solo online. Solo perché è stato fermato prima che li realizzasse?

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