Sono passate solo tre ore da quando i corpi di Libanny Mejia Lopez, 29 anni, e del figlio Leandro di 3 anni sono stati scoperti, e davanti al cancello mezzo arrugginito di via Segneri 4 s'è radunata una piccola fola di curiosi. Una buona metà sono stranieri, sudamericani, slavi, romeni, una babele di lingue in uno dei quartieri più degradati e multietnici della città. Il gruppo è scosso da un fremito quando esce la sorella della vittima, attorniata dai poliziotti per sottrarla dall'assalto dei giornalisti e fotografi. Improvvisamente lei alza la testa, riconosce un ragazzo, gli punta il dito e grida: «Tuo fratello è un uomo morto». Lo ripete più volte con sicurezza. Quasi volesse indicare l'assassino della sorella. «No, non è vero, lui ha avuto una relazione con lei, mica con Libanny, non capisco». E in serata effettivamente la polizia rintraccia e porta in questura un uomo, indicato come compagno della donna.
Verità o tentativo di sviare le indagini, spetterà agli investigatori scoprirlo, perché una delle poche certezza in questa vicenda è che la ragazza, originaria di Santo Domingo, è stata uccisa insieme al figlio da un uomo. Troppa forza, troppa ferocia nel colpire. E un uomo che uccide una donna significa quasi sempre delitto passionale, tradimento, fine di una relazione. Un'aggressione mortale avvenuta sembra attorno alle 3 di notte al secondo piano dello stabile popolare, i vicini avrebbero sentito qualcuno litigare furiosamente. Poi il silenzio per 12 ore, fino a quando la mamma di Libanny, angosciata per non riuscire a mettersi in contatto con la giovane, chiama l'altro figlio, vanno a vedere e scoprono lei nuda in salotto, il figlio in bagno, in un lago di sangue. L'assassino ha colpito con furia cieca.
Appena la notizia si sparge, mezzo Giambellino si riversa in strada. Il quartiere, pur con la fortissima presenza di immigrati, ha mantenuto il suo carattere popolare, e le notizie rimbalzano nel giro di pochi minuti. Pochi però sono in grado di fornire particolari sulla vita della donna: ricordano questa giovane mulatta, arrivata da poco in via Segneri, mentre porta il figlio, anche lui dalla pelle ambrata, all'asilo. «Sempre sola, mai visto un uomo con lei, mai visto un uomo venire a prendere il bimbo» precisa la maestra del nido, accorsa anche lei alla notizia del delitto. Eppure un uomo c'era. Anzi un assassino. E sulla sua identità la sorella della vittima sembra avere pochi dubbi. Arriva alle 18 da Sant'Angelo Lodigiano dove vive, entra sorretta da un amico che l'ha accompagnata a Milano e quando esce mentre viene fatta salire su un auto della polizia si scaglia contro un giovane romeno, gli punta il dito contro e grida: «Tuo fratello è un uomo morto». Un'accusa precisa che non lascia spazio a interpretazioni.
Eppure il ragazzo smentisce: «Mio fratello ha effettivamente avuto una relazione, breve, durata un mese ad agosto, ma non con Libanny bensì con sua sorella. Adesso non capisco perché lei lo accusi». poi racconta anche come hanno conosciuto le ragazze dominicane. «Sopra a Libanny abita mio cugino, così andandolo a trovare abbiamo incontrate le due sorelle. No, mio cugino non sa nulla del delitto. Fa il musicista e l'altra notte è andato a suonare in un locale ed è tornato verso le 6. Non ha visto niente di particolare ne sentito grida d'aiuto o rumori sospetti». Eppure verso le 20 un uomo viene rintracciato e portato in questura.
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