Domenica 25 ottobre 1998, vent'anni fa, a Malpensa fu una giornata interminabile. Dai 20 aerei del giorno prima si passò a 600: un aeroporto non può partire gradualmente, soprattutto un hub, che è una cerniera di connessioni globali. In serata il bilancio fu disarmante, duemila bagagli da smaltire, ritardi medi di due ore, un effetto domino che rimbalzò in Europa e oltre.
Alle 10.30 il traffico si bloccò per saturazione delle piazzole di sosta, alle 11.10 i 2.500 dipendenti della Sea ricevettero l'ordine di spegnere i computer e continuare con le procedure manuali. Un aereo proveniente da Chicago restò in attesa mezz'ora perché non si trovavano le chiavi del finger, il collegamento all'aerostazione. Le radioline delle squadre operative, su un'area che era 5 volte quella di Linate, ebbero difficoltà di comunicazione. I carrelli, per lo stesso motivo, cominciarono a esaurire le batterie in anticipo sulle previsioni.
Il nastro trasportatore dei bagagli, presentato come un gioiello di tecnologia, fu tradito dal software. Ci vollero giorni per smaltire le valigie non consegnate, dovettero essere assunte squadre aggiuntive di operai e fu chiesto aiuto ad altri aeroporti italiani. Lo scalo, vuoto fino al giorno prima, quel giorno accolse 36.074 passeggeri, più 30mila visitatori entusiasti che aggiunsero confusione. Ci furono aerei «persi» sui tabelloni, sottratti alle informazioni per l'imbarco e per la riconsegna del bagaglio: dei 634 voli previsti ne furono effettuati 517, 111 furono annullati, 6 dirottati a Bergamo e Torino. Servirono due settimane per superare l'emergenza, un anno per andare a regime.
Malpensa arrivava da lontano. L'idea risaliva al 1985, con l'intenzione di aprire nel 2000: da qui il nome «Malpensa 2000» utilizzato per tanto tempo. Lo scalo fu inserito nel piano nazionale dei trasporti nell'87 e ottenne finanziamenti dall'Unione europea. Il suo destino, nel bene e nel male, era collegato a quello dell'allora compagnia di bandiera, Alitalia, il cui ad, Domenico Cempella (l'ultimo a firmare un bilancio in utile) aveva impostato una fusione con l'olandese Klm; sarebbe nata la più grande compagnia europea, e Malpensa era un'infrastruttura essenziale per sostenere lo sviluppo del nuovo colosso. Cempella chiese di anticipare l'apertura al 1998, l'allora presidente del Consiglio Romano Prodi concordò, e il sistema si attivò.
I cantieri lavorarono cinque anni, inframmezzati da lunghe pause dovute a Tangentopoli, e non senza affanno: la bretella autostradale per l'aeroporto fu inaugurata il giorno prima dell'apertura, il treno da Cadorna per lo scalo partì sei mesi dopo. L'aeroporto nasceva con due satelliti su tre, il terzo, poi realizzato nel 2013, doveva essere dedicato all'Alitalia ma si bloccò in attesa di vederci chiaro.
L'apertura di Malpensa diventò un acceso scontro politico europeo, legato soprattutto al criterio di suddivisione del traffico tra il nuovo aeroporto e quello cittadino di Linate. Poichè l'alleanza Alitalia-Klm impensieriva tutti i concorrenti, fioccarono i ricorsi a Bruxelles e il fronte Air France, Iberia, British, Lufthansa, Sabena, Olympic, Sas e Tap (cioè tutti meno Klm) ottenne di far modificare il primo decreto Burlando, che a Linate lasciava solo i voli per Roma, 3,5 milioni di passeggeri, a vantaggio di Alitalia e a svantaggio di tutti gli altri. Ma i ricorsi continuarono e i decreti, nell'arco di un paio d'anni, furono 4, aumentando progressivamente la capacità di Linate fino a 10 milioni e depotenziando simmetricamente Malpensa: nel quasi esclusivo interesse dei concorrenti stranieri, che potevano così continuare ad alimentare i propri hub di traffico business, partendo dal centro città.
Tra queste vicende complicate e spesso pretestuose, di cui risparmiamo al lettore i dettagli, si arrivò al gran rifiuto di Klm, che, disorientata da quella confusione, finì per pagare una consistente penale pur di rinunciare all'alleanza con Alitalia. Poi Klm realizzò con Air France quel disegno naufragato. Fu la più grande e storica sconfitta per la nostra compagnia, l'inizio della sua fine: restò sola e sovraccaricata dei costi di un doppio hub (Roma e Milano), quando Malpensa era nato al servizio di quella grande alleanza.
Vinsero così i vettori stranieri, interessati a un'Alitalia sempre più debole, da attaccare su ogni mercato, e vinsero tutte quelle retrogurdie che difesero strenuamente Linate: i romani perché sostenevano Roma, e tanti milanesi perché difendevano la comodità del Forlanini. Nel 2008 Alitalia rinunciò all'attività di hubbing (di interconnessione) a Malpensa, che perse d'un botto 7 milioni di passeggeri. Solo quest'anno la cifra record del 2007 23,7 milioni sarà finalmente superata.
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