Già la definiscono la nuova Beyoncé o la nuova Tracy Chapman. E in effetti lei, a solo 17 anni, con quella voce potente e quel talento innato, può andare molto lontano. Per ora si accontenta (per modo di dire) di trionfare a «X Factor» in piazza del Plebiscito a Napoli in una delle edizioni più belle e seguite di sempre. In più Mimì, di cognome - e non poteva essere più azzeccato - Caruso non si lascia deviare dall'amore per la musica e trascinare nell'agone politico e nei dibattiti sull'Italia razzista. E, alle domande, lei, originaria del Mali ma cresciuta ascoltando soul e jazz a Usmate Velate, in Brianza, se si sente la responsabilità addosso per quel che rappresenta, una cantante di colore che vince un talent, risponde: «Non penso di essere un simbolo: rappresento piuttosto un piccolo cambiamento. Quando ero piccola, non vedevo tanti afro-italiani in tv: sono molto grata che i bimbi afro-italiani oggi possano capire che si può fare tutto. Sono felice di rappresentare la comunità nera in una luce più tranquilla». E alla domanda se ha subito episodi di discriminazione da bambina o ragazzina (compirà 18 anni a giugno) replica: «Io sono orgogliosa delle mie radici africane e di quelle italiane. Negli ultimi anni abbiamo fatto molti passi in avanti anche se non ancora abbastanza: questo è un Paese meraviglioso che però deve guardare anche al futuro».
Mimì ha centrato la vittoria a «X Factor» sotto la guida del giudice Manuel Agnelli (davanti a Les Votives, Patagarri e Lorenzo Salvetti) con l'inedito Dove si va scritto da Madame. «Il primo posto è stato inaspettato. Ero tranquilla e ho cantato benissimo, perché pensavo che avrebbe vinto qualcun altro». I suoi progetti sono tutti musicali, anche se nel frattempo sta studiando cinematografia, come piano b. «Mi piacerebbe portare in Italia un po' più di hip hop, R&B e soul, prendere ispirazione da questi generi e fare qualcosa di nuovo e divertente».
E, in effetti, ne ha tutti i numeri. La vittoria, ovviamente, la dedica ai genitori, Paola e Franco, che l'hanno adottata quando aveva pochi mesi: «Sono stati sempre i primi a spronarmi. Non sarei qui se non fosse stato per loro».
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