Il miracolo giusto nel posto sbagliato

«Punentin. Tempo buono anche domani».
Come cani mansueti e immobili ai piedi di un padrone invisibile e silenzioso, Marco e Franco stanno gustando, su una panchina all’ombra del castello, le carezze (...)
(...) del vento occidentale, prezioso ristoro all’appiccicosa calura del pomeriggio. Laggiù, invece, sulla Via dei Pirati, una comitiva in cappellino arancione (tifosi dell’Olanda in fibrillazione per la finale del campionato del mondo?), rosola sotto il sole. Sembra una fila di microscopici insetti che procede al rallentatore in un documentario di Quark.
Marco attende che i cinque battiti dell’orologio della torre si spalmino ben bene sui tetti e raggiungano il mare appena increspato e punteggiato di schegge argentee.
«Allora perché non si va al santuario, domani?», chiede poi all’amico, senza perder d’occhio gli insetti olandesi.
«Belìn, te ciocchi? Con ’sto caldo andar fino al santuario? E perché t’è presa la voglia di andare al santuario? Ti sei forse convertito?», ribatte Franco, ridacchiando e accendendosi una sigaretta.
«Macché convertito. Domani è la Madonna, no?».
«Sì, è la Madonna, ma c’è da scoppiare... E poi domani non arriva Paolo?».
«No, domani è sabato, Paolo arriva domenica. Allora? Si va?».
*** *** ***
Intanto, a pochi metri da loro, su un’altra panchina, la sua solita, quella di pietra a destra dell’entrata della chiesetta di Sant’Andrea, Luigi ha adocchiato due ragazze. Tedesche, ovviamente.
Luigi ha un sesto senso che usa per distinguere, anche di lontano e senza che aprano bocca, le tedesche dalle francesi, dalle americane e da tutto il resto della fauna straniera che popola il borgo. A lui interessano soltanto le tedesche. «Ho avuto una ragazza tedesca, tanto tempo fa», dice, «così ho dovuto imparare la lingua, non potevo mica starmene lì come un belinon...». E lo parla bene, il Deutsch. Anche se a tratti rallenta, disegnando ghirigori nell’aria con la mano destra quando si addentra in un dettaglio geografico o spiega quali sono i simboli cristologici nascosti nel «fiore della passione» o illustra la rete dei sentieri che i crucchi, gran camminatori, da queste parti battono assiduamente da marzo fino a ottobre inoltrato.
Sui trent’anni, piuttosto ben piantate, ma entrambe carine di volto, fresche e bianche come mozzarelle, le ragazze si tolgono rispettosamente i cappelli di paglia avvicinandosi alla chiesetta. Il portone è aperto, paiono incuriosite dal piccolo altare e, attirate soprattutto dalla miracolosa frescura che è di tutte le chiese, in estate, giungono a due passi da Luigi.
Ecco, ora annuiscono alla sua domanda di prammatica che serve a certificargli d’aver colto ancora una volta nel segno, e che in italiano suonerebbe più o meno così: «Bello qui eh?».
È fatta. Luigi può finalmente chiudere il libro (in tedesco) di storia della pittura (tedesca), una passione che coltiva da decenni, e dedicarsi alla sua seconda professione (la prima è quella di pensionato) che ormai l’ha reso celebre in Germania: la guida turistica stanziale.
*** *** ***
«Ciao Luigi».
«Ciao fanti, andei ai bagni?».
«No, facciamo due passi in giù. E tu, sempre al lavoro?».
«Sempre».
Le ragazze non capiscono un’acca, ma sorridono ai due amici e porgono loro un educatissimo «puonaserra».
Marco e Gianni, ammiccando in direzione di Luigi, superano il terzetto intento a esaminare un «fiore della passione» e scendono verso la piazza della cattedrale di San Luca.
Altra chiesa, altra aria. Qui, nemmeno una bava del benefico ponentino, e i masselli sono piastre roventi sotto le ciabatte da spiaggia. Scoccando sei colpi, l’orologio della torre interrompe la discussione sulle responsabilità di Lippi nell’eliminazione dell’Italia.
«Già le sei», dice Franco, «Marina ormai sarà tornata. Vado a vedere se ha bisogno di qualcosa. Stasera il piccolo va a suonare con la banda a V.».
«D’accordo, fammi uno squillo dopo cena, ché ci facciamo una birra al Rustico. E accenna alla Marina del santuario. Magari ti fa cambiare idea».
«Sarà difficile... A dopo».
*** *** ***
A dir la verità, a Marco della festa della Madonna, su al santuario, non interessa nulla. Né dell’ostensione delle reliquie, né della messa solenne, né della cena organizzata dalle confraternite. È solo che vorrebbe vedere una certa persona che sicuramente ci andrà. Ci va ogni anno: l’8 luglio, cascasse il mondo, la Giovanna è lì, prima che il sole abbia abbracciato per intero il prato che accoglierà i pellegrini. E incomincia a spignattare con le beghine che hanno il doppio dei suoi anni, nella cucina della trattoria adiacente al luogo sacro.
È persino accaduto più di una volta che lei, bella come una principessa, ma - si dice - ostinatamente illibata come una suora, prendesse appositamente un giorno di ferie per non mancare all’appuntamento. In quei casi arriva all’alba, con il treno da Parma, e sale direttamente dalla stazione alla cima della collina dov’è il santuario, senza nemmeno fermarsi a prendere un caffè.
Che tipo strano, la Giovanna... E che spreco, tutta quella virtù...
*** *** ***
«Gio! Gio! Sono Marco, qui sopra...».
Sono le 19 quando la vede dal balcone di casa sua dove si sta facendo un bicchiere di vermentino post-doccia e pre-aperitivo. Giovanna spinge in salita la valigia trolley. Ha i capelli raccolti a coda di cavallo.
«Marco! Ciao. Sono arrivata adesso adesso. Che si dice?», fa lei guardando su e riparandosi gli occhi dai raggi ancora potenti con la mano libera.
«Io bene, e tu? Inutile chiederti se domani...».
«Certo, certo. Domani è la Madonna, lo sai...».
«Eccome se lo so, per la Madonna!».
«Marco Marco, sei sempre il solito... Be’ adesso vado a sistemarmi un po’. Inutile chiederti se domani...».
«No, non ci vengo lassù. Però stasera si potrebbe bere qualcosa...».
«Stasera non posso. Dobbiamo preparare un mucchio di cose, con Paola e Francesca... Però... mi fermo fino al 31. Un’altra volta, volentieri».
«Anche tu sei sempre la solita. Ti lascio andare. Ciao principessa».
«Ciao Marco».
*** *** ***
«Puonciorno».
Era prevedibile. Nella conferenza tenuta da Luigi alle tedeschine, all’entrata della chiesetta di Sant’Andrea e poi, c’è da scommetterci, nel suo orto, non poteva mancare il riferimento alle celebrazioni in onore della Madonna del Bosco, al tesoro, alla messa, alla cena, alle confraternite... Sullo stretto sentiero che conduce al santuario, sorpassano con passo teutonico, fanno «ciao ciao» agitando le braccia dandosi di gomito e mormorando qualcosa, infantili e beate.
Caro ponentino, tu sì che non menti mai! La giornata è splendida, limpida come le acque della Grotta Crêuza, laggiù, dietro la punta, e il sole è un piacevole fardello, sulle schiene sudate.
No, Franco non è venuto, e nemmeno Marina. Ma Marco, alla fine, ha deciso di esserci. Glielo deve, alla Madonna del Bosco.

In fondo è anche merito suo se, la sera prima, Giovanna ha cambiato programma, inventando a Paola e Francesca una scusa qualsiasi. Certo, da qualche ora è un po’ meno virtuosa. Ma fra pochi minuti, alla fine dell’ultima salita, a Marco apparirà ancora più bella. Persino più bella della Madonna del Bosco.

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